Nuove luci sulla prima faida di Scampia, il super pentito racconta l’omicidio di Domenico Fulchignoni: «Mi rifiutai di eseguire l’ordine, fu Nunzio a eseguire il raid. In quel periodo il clan si stava indebolendo»
Liti per futili motivi, sospetti e vendette trasversali. Morire durante la prima faida di Scampia era davvero questione di attimi. Sono stati molteplici gli omicidi scattati per un nulla o quasi durante la prima guerra di camorra che nel 2004 ha insanguinato le strade della periferia nord di Napoli: molti di questi sono ancora irrisolti, ma oggi grazie alle dichiarazioni rese da alcuni pentiti eccellenti le indagini potrebbero finalmente imboccare la direzione giusta. Potrebbe essere il caso dell’assassinio di Domenico Fulchignoni, trucidato per inviso all’allora giovane ras Nunzio Di Lauro, quintogenito dello storico boss Paolo Di Lauro, alias “Ciruzzo ’o milionario”.
Per quella vicenda il figlio del capoclan è stato già processo, ma dopo l’assoluzione ottenuta in appello l’inchiesta ha subito una brusca battuta di arresto. Dell’omicidio ha però parlato Antonio Accurso, ex boss della Vanella Grassi e oggi collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni sono state riportate nell’ordinanza di custodia cautelare che pochi giorni fa, con l’esecuzione di ben 16 arresti per otto omicidi, ha colpito i tre principali clan di Secondigliano e Scampia. Il delitto Fulchignoni – è bene precisarlo – non è stato però contestato a nessuno degli indagati. Quel verbale è però riportato all’interno del provvedimento ed ecco dunque quanto rivelato da Accurso nell’interrogatorio al quale è stato sottoposto il 13 marzo del 2015.
«Prima della faida del 2004 io, come tutti i ragazzi, eravamo vicini ai figli di Paolo Di Lauro, io in particolare ero vicino a Nunzio Di Lauro. Quando parlo di ragazzi, faccio riferimento a soggetti tipo Mario Buono, Luigi Giannino, Salvatore Barbato “’o pinguino”, Luigi Aruta, Carlo Capasso. Questa mia vicinanza a Nunzio Di Lauro si tradusse prima nella richiesta di uccidere Domenico Fulchignoni, allorché Nunzio Di Lauro seppe che io avevo litigato con Fulchignoni stesso per futili motivi e quindi mi consegnò una pistola, una 7,65, affinché io lo uccidessi. Si trattava del genero di Pasquale Salomone, referenti dei Licciardi, che stavano alzando la testa contro i Di Lauro, almeno così veniva detto a noi».
Antonio Accurso, stando alle dichiarazioni messe a verbale, non avrebbe però obbedito all’ordine del ras: «Io non commisi questo omicidio, pur girando con due moto io e Luigi Magnetti e sull’altra Antonio Mennetta e Luigi Giannino. Poi materialmente fu Nunzio Di Lauro a uccidere Fulchignoni, un’ora dopo un litigio con Fulchignoni, e Mario Buono era lì a portare il motorino, lo cercavano all’incrocio nei pressi dell’edicola». Quanto al movente: «Nunzio Di Lauro lo voleva uccidere perché Fulchignoni gli diede del fallito e si era nel momento in cui il clan Di Lauro si stava indebolendo per i trasferimenti in Spagna di Raffaele Amato e del suo gruppo». La prima faida di Scampia era ormai dietro l’angolo.