Il re del traffico internazionale di cocaina, oggi collaboratore di giustizia, racconta ai pm la propria infanzia e i rapporti con il clan Cesarano: «Ho iniziato spacciando droga a Pompei, ma i miei genitori volevano per me una vita retta. Raggiunsi mio fratello che aveva un coffee shop»
Un ragazzino con aspirazioni da boss e assai incline alla violenza. È questo il ritratto che Raffaele Imperiale, alias “Lello Ferrarelle”, fa di sé ricostruendo le fasi iniziali della propria ascesa criminale: «Ricordo di un ragazzo che veniva a comprare droga da me e che picchiai selvaggiamente, con Procida e un altro ragazzo di cui non ricordo il nome. Questo ragazzo andò anche in coma e siccome era il figlio di un boss di Santa Maria la Carità, costui si rivolse ai Cesarano per chiedere soddisfazione. Gaetano Cesarano chiamò mio padre Ludovico per dirgli che i Cesarano non potevano più proteggermi e che quindi la soluzione migliore era che mi allontanassi dalla zona stabiese. Questo episodio mi spinse a trasferirmi in Olanda, atteso che mio fratello aveva aperto lì un cofee shop». Una mossa decisa in un momento di emergenza, ma che si rivelò determinante per le sorti del futuro ras. Nel giro di qualche anno Imperiale divenne infatti uno dei narcotrafficanti più potenti del mondo.
“Lello Ferrarelle” ha riferito questo inedito retroscena nel corso dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto il 17 gennaio 2023 e quel verbale rappresenta oggi uno dei pilastri dell’inchiesta che tre giorni fa ha portato alla decapitazione della nuova cupola del clan Cesarano di Castellammare di Stabia, comune di cui Raffaele Imperiale, oggi collaboratore di giustizia, è originario. L’ex boss del clan Amato-Pagano ha dunque affidato ai pm della Dda di Napoli una lunga ricostruzione della propria carriera criminale, a partire dagli esordi: «Sin da ragazzino ho conosciuto esponenti del clan D’Alessandro, Cesarano e del gruppo Imparato, in quanto mio padre per poter svolgere tranquillamente la propria attività di imprenditore edile aveva bisogno di non avere nemici nella criminalità organizzata locale. Mio padre, scomparso alcuni mesi fa, oltre ad aver costruito importanti parchi e palazzi a Castellammare e Gragnano, è stato anche per diversi anni il presidente della Juve Stabia. Ricordo che Liberato Paturzo frequentava assiduamente casa mia, la figlia è stata cresciuta dalla mia famiglia. Ricordo che anche i figli dei D’Alessandro frequentavano casa mia, nonché gli esponenti del clan quali Spagnuolo, Renato Battifredo, i Maranghielli e altri soggetti affiliati al clan. Mio padre regalava loro soldi e appartamenti e si trovò pure coinvolto, non volendo, nella faida tra i D’Alessandro e gli Imparato, tant’è vero che furono esplosi dei colpi d’arma da fuoco nei pressi della mia abitazione».
Fin qui il contesto familiare. Nei passaggi successivi Raffaele Imperiale si concentra invece sulla propria figura, raccontando alcuni, clamorosi retroscena inediti: «Da piccolo sono stato anche oggetto di un tentato sequestro di persona da parte di soggetti di Casola o Gragnano, cani sciolti. Molto stretto era anche il rapporto con i Cesarano che pure da giovani frequentavano la mia abitazione. Li ricordo a bordo piscina. Quando ho iniziato a spacciare droga a Pompei con Vincenzo Procida, poi anch’egli divenuto collaboratore di giustizia, poi deceduto, nonostante il parere assolutamente contrario dei miei genitori che volevano per me una vita retta, ricordo di un ragazzo che veniva a comprare droga da me e che fu picchiato selvaggiamente da me, Procida e un altro ragazzo di cui non ricordo il nome. Questo ragazzo andò anche in coma e siccome era il figlio di un boss di Santa Maria la Carità, costui si rivolse ai Cesarano per chiedere soddisfazione. Gaetano Cesarano chiamò mio padre Ludovico per dirgli che i Cesarano non potevano più proteggermi e che quindi la soluzione migliore era che mi allontanassi dalla zona stabiese. Questo episodio mi spinse a trasferirmi in Olanda, atteso che mio fratello aveva aperto lì un cofee shop». Da lì l’inizio di un’inarrestabile ascesa che avrebbe portato Raffaele Imperiale ai vertici del narcotraffico internazionale.