Il tentativo di minimizzare, da parte di Claudio de Magistris, il suo ruolo all’interno del «bistrot d’arte» che aprirà a Piazza Vittoria, di cui si è occupato il nostro giornale, e al tempo stesso di confermare il suo impegno in «deMa» («Non lascerò la politica», ha detto a Pietro Treccagnoli de «Il Mattino» e a un giornalista del «Corriere del Mezzogiorno») sono e restano gli unici modi per impedire una lettura «politica» di una vicenda che va oltre le aspirazioni personali e relazionali del fratello del sindaco. Claudio, che è esperto di comunicazione, chiaramente queste cose le sa. E non avrebbe potuto fare altrimenti, dire altrimenti.

Un dato però è lampante: se, a pochi mesi dalle Politiche, il segretario del partito personalistico di Luigi de Magistris decide di dedicarsi a un progetto commerciale che, di sicuro, lo vedrà impegnato finanziariamente, significa che il vertice di «deMa» e – presumibilmente – pure il suo leader naturale sanno o sono convinti che, a dispetto dell’ottimismo e degli annunci, non c’è spazio per gli arancioni alle prossime elezioni. Nemmeno in una lista «arcobaleno» dove confluirebbero un po’ tutte le monadi di sinistra che affollano e si scontrano, come meteore impazzite, nel campo gravitazionale del Pd.
Sbaglia, quindi, chi interpreta la scelta di diventare socio di un punto ristoro come un hobby o un passatempo da parte di de Magistris jr che, anzi, dopo quasi cinque anni a reddito zero, per lavorare al fianco del fratello, ha più che diritto a rientrare nel circuito produttivo e imprenditoriale cittadino.

Il partito di Giggino è ormai spaccato e quel che resta è davvero poca cosa, sufficiente appena per tirare a campare nel consiglio comunale di Napoli.
Dove prima comandavano i familiari oggi comandano i parenti, par di capire.
sdm