Un collaboratore di giustizia racconta l’approvvigionamento di armi degli «Scissionisti»
Per sostenere la faida contro i Di Lauro, il clan degli «Scissionisti» aveva bisogno di una grande quantità di armi. Tante. La maggior parte arrivavano direttamente dall’estero. Delle modalità di rifornimento ha parlato, negli anni scorsi, il collaboratore di giustizia Bruno Danese. Le sue parole furono riportate nell’ordinanza «C3» contro il clan. «Ricordo che nel mese di febbraio del 2005 nel corso di uno degli incontri che io avevo con il Cipolletta anche per fare il rendiconto delle armi ancora in mia custodia io gli rappresentai di essere preoccupato in quanto le stesse stavano per finire» si legge nelle dichiarazioni del pentito.
«Egli mi rassicurò – aggiunge – dicendo che stava per giungere un camion pieno di armi nuove. Quindici giorni dopo da questo mio incontro con il Cipolletta presso la mia abitazione di Mugnano venne un nostro affiliato che io conosco con il soprannome “Sasamen”, a cui ho già fatto riferimento in precedenti verbali e che sarei in grado di riconoscere in fotografia, mi consegnò 15 pistole munite di silenziatore e doppio caricatore calibro 9 ed avevano la seguente particolarità: che il guscio esterno era di plastica ed era molto leggera e maneggevole ed io pensavo fosse finta e lo rappresentai al Sasamen».
L’uomo però non la prese benissimo. «Questi subito mi rispose con tono arrabbiato e nervoso perché mi ero permesso di fare quasi una critica e mi rispose dicendo; “ma stai pazziando; ma comm’è ‘o zi Lell ce mann ‘a robb ca nun ‘è bone”. Io, vedendo la sua reazione, non mi sentii di rispondere altro perché intendevo fargli capire che non volevo in alcun modo di mancare di rispetto a Lello Amato. In quel periodo ricordo che Raffaele Amato era in Spagna dove si rifugiò per tutto il periodo della faida fino a quando non è stato poi arrestato fuori al casinò».
L’arma del boss «scissionista»
Il pentito ricorda anche che «Sasamen in quella occasione mi consegnò una pistola molto particolare, era una calibro 38 a 5 colpi con il manico in madreperla, dicendomi che quest’arma era dello zio Lello che io non avrei dovuto consegnarla a nessuno tranne che allo stesso Sasamen. Successivamente non so specificare il tempo, il Cipolletta mi chiamò e mi disse di portargli proprio quella pistola. Essendo lui il mio capo e io non discutendo i suoi ordini, gliela consegnai. Pochi giorni dopo mi chiamò il Ciro Caiazza che mi convocò presso di lui dove io trovai anche il Sasamen».
Questi «mi disse di dargli l’arma dello Zio. A questa richiesta, io in grande difficoltà risposi che a seguito di un preciso ordine l’avevo consegnata al mio capo Salvatore Cipolletta e che era a lui che avrebbero dovuto girare la richiesta e chiedere spiegazioni. Loro si arrabbiarono molto ed io ho temuto che volessero picchiarmi, cosa che però non avvenne. Di tale vicenda non ho saputo più nulla…»
Inoltre alla domanda degli inquirenti: “In altre occasioni lei ha avuto notizia che le armi da lei custodite provenissero dalla Spagna?”, Danese rispose: «Dopo 15-20 giorni dalla consegna fattami dal Sasamen, il Ciro Caiazza mi consegnò altre armi nuove, si tratta di quei mitra sofisticati di cui ho parlato prima e nel mostrarmele il Caiazza mi disse se io le conoscessi e dalla mia risposta negativa mi disse che non erano armi reperibili in Italia, infatti venivano dalla Spagna, sul punto non aggiunse altro», conclude.