La testimonianza choc della 12enne violentata e la svolta nelle indagini: «Paky mi diceva di stare zitta e mi muoveva la testa. C’erano i suoi amici, avevo paura e ho continuato»
«È malvagio, lo odio!». Poche, ma inequivocabili parole per definire l’aguzzino che aveva reso la sua vita un inferno. È questo il momento esatto in cui, scoperchiato l’orrore di Caivano, una delle due cuginette violentate per settimane dal branco riconosce uno dei suoi aggressori, il maggiorenne Pasquale Mosca, da tre giorni detenuto insieme ad altri otto indagati, tra cui l’altro maggiorenne Giuseppe Varriale, con l’accusa di violenza sessuale di gruppo e revenge porn.
La testimonianza della ragazzina, 12 anni appena, è riportata all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico dei due maggiorenni e rappresenta uno dei punti cardini della delicata inchiesta condotta in tempi record dai carabinieri. La ragazzina riconosceva infatti all’interno del fascicolo fotografico relativo ai maggiorenni le effigi ritraenti Paky Mosca e Giuseppe Varriale, di quest’ultimo ricordava il soprannome “’o zingariell”. È nel vedere la foto di Mosca che la bimba esclama: «È malvagio, lo odio!».
Secondo la ricostruzione degli inquirenti che hanno lavorato al caso, sarebbe stato Mosca a costringerla a entrare nella casetta abbandonata nella villa comunale di Caivano: «Giovandosi della presenza intimidatrice degli altri membri del gruppo, le aveva sottratto il cellulare e l’aveva usato a mo’ di esca, per indurre la ragazza a seguirlo. In tale occasione sua cugina era stata obbligata con analoghe modalità a entrare nella casetta da G.M., mentre gli altri ragazzi erano rimasti fuori all’edificio».
A questo punto il racconto dell’orrore entra purtroppo nel vivo: «Una volta all’interno, Paky le aveva ingiunto di praticargli del sesso orale e, a fronte del rifiuto, l’aveva minacciata dapprima di trattenere con sé il telefonino, poi di cancellare i contenuti della memoria e infine di utilizzarlo per chiamare il padre e i fratelli della ragazza. Al tempo stesso Paky le tirava sulle gambe dei sassi, per scansare i quali… rovinava al suolo, facendosi male alla mano e al gomito. Alla fine, stremata, cedeva alle richieste del ragazzo e iniziava a praticargli un rapporto orale».
I minuti successivi sono stati a dir poco terrificanti ed è stata la stessa vittima a raccontarne ogni dettaglio agli inqurienti: «Mi ricordo che Paky mi muoveva la testa per fargli fare sesso orale, io cercavo di togliermi, lui mi diceva “statti zitta” e continuava a muovermi la testa. Io continuavo anche perché avevo paura, c’erano tutti i suoi amici e poi di solito i suoi amici avevano sempre delle cazzottiere nei marsupi e avevo paura che potevano usarle contro di me». Insomma, la giovanissima vittima temeva per la propria incolumità, circostanza poi ribadita in un successivo passaggio dell’interrogatorio: «Hanno sempre fatto tarantelle… hanno picchiato altri ragazzi».