Il tentativo del boss per far «innestare la retromarcia» al collaboratore di giustizia
Le provò tutte un boss dei Fabbrocino, pur di far fare marcia indietro a un collaboratore di giustizia, che insieme alla propria compagna, aveva squarciato un velo sul clan di San Giuseppe Vesuviano, e aveva accusato, in particolar modo, i vertici dell’organizzazione criminale. Il tentativo fu vano, poiché il pentito, alla fine decise di riferire anche delle pressioni subite, alle forze dell’ordine, aggravando ulteriormente la posizione del camorrista. Quest’ultimo – raccontò il collaboratore – era arrivato ad offrirgli un vitalizio di cinquemila euro al mese, soldi per farlo tacere e ritrattare le dichiarazioni rese. Il messaggio da parte del boss viene recapitato ai figli del pentito, che hanno continuato a vivere nel Vesuviano, non seguendo le orme del genitore.
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di famiglia per far tacere il pentito
La circostanza emerge da una conversazione intercettata che avviene tra il boss (tra i principali destinatari delle accuse) e un suo sodale. «Io, gliel’ho mandato a dire, lo sai?», afferma rivolgendosi al suo interlocutore. E continua: «Allora non glielo mandavo a dire… che vuole da me? Da un padre di famiglia? Allora, 5mila euro (per gli inquirenti si riferisce all’offerta presentata, ndr). Quello vuole far prendere gli anni di carcere a me, e vuole far piangere i miei figli». Nel corso della stessa conversazione intercettata, emerge come, per il boss, i collaboratori di giustizia abbiano trasformato «la conoscenza di notizie in un’attività da sfruttare, un “business”». «Questa è una massoneria – afferma il camorrista –, una massoneria che non finisce mai. Loro (i pentiti, ndr) hanno capito che da lì (dallo Stato) escono i soldi che non finiscono mai. E allora è logico che hanno fatto questo business… ma sono tutti quanti guardie».