La polemica destinata a riaccendersi. Pro e contro di una misura
di Aurora Olivola
All’inizio di luglio, è stata presentata presso la Camera dei Deputati una proposta di legge congiunta da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, +Europa ed Europa Verde. Tale proposta mira all’istituzione di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora per tutte le professioni e attività lavorative in Italia. Nonostante la coalizione di partiti al governo mostri diverse sfumature di opinione in merito, in linea generale essi si oppongono all’adozione di un salario minimo. Invece, sembrano propensi a rafforzare le protezioni dei lavoratori tramite la negoziazione collettiva e a ridurre l’onere fiscale sul lavoro al fine di contenere i costi.
Il dibattito sull’istituzione della retribuzione oraria minima è iniziato il 27 luglio alla camera dei deputati segnando ufficialmente l’apertura dei colloqui di carattere generale in Aula. La maggioranza ha preso la decisione di rimandare le votazioni su questo tema fino al 29 settembre. Questa decisione è stata accompagnata da una richiesta di sospensiva, che implica che le votazioni sulla proposta di legge presentata dalle opposizioni riguardante il salario minimo, non avranno inizio prima della data del prossimo 29 settembre. Nel frattempo, le forze politiche dell’opposizione e del governo continuano il loro duello verbale. Tuttavia, è essenziale indagare sugli argomenti pro e contro riguardanti l’adozione del salario minimo nazionale.
Attualmente, sei Stati membri dell’Unione Europea non prevedono ancora tale misura: Italia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e, in modo limitato, Cipro, dove il salario minimo è riservato a specifiche categorie di lavoratori. Nel panorama europeo, emergono alcune differenze significative nei salari minimi praticati: il Lussemburgo si contraddistingue con la retribuzione minima più alta, ammontante a 11,97 euro; la Francia la segue con 10,03 euro, mentre la Germania, il Belgio e i Paesi Bassi si attestano rispettivamente a 9,19 euro, 9,41 euro e 9,33 euro. In contrasto, il valore più basso tra gli Stati membri dell’Unione Europea è riscontrabile in Bulgaria, dove il salario minimo è fissato a soli 1,62 euro.
I sostenitori del salario minimo
Per i sostenitori del salario minimo, questa misura rappresenterebbe la misura adeguata per contrastare le forme di occupazione sottopagate e non in linea con l’articolo 36 della Costituzione italiana. Uno studio condotto da Svimez evidenzia che nel Sud Italia ben un quarto dei lavoratori guadagna meno di 9 euro all’ora. Un aspetto da non trascurare riguarda la rappresentatività dei contratti collettivi: pur coprendo la stragrande maggioranza dei lavoratori, esiste comunque una percentuale limitata che non è coperta da alcun contratto di riferimento e di una paga minima oraria. I contratti collettivi nazionali non tutelano i lavoratori autonomi. Nella proposta avanzata dall’opposizione, il limite di 9 euro si applicherebbe anche ai lavoratori autonomi privi di un contratto subordinato, riducendo così le disparità tra lavoratori autonomi e dipendenti.
Il segretario del Partito Democratico, Elly Schlein, ha annunciato questo lunedì 21 agosto, durante la «festa dell’Unità» di Castiglione del Lago che sono state raccolte 300 mila firme a sostegno del salario minimo. Schlein ha sottolineato l’importanza di perseverare in questa direzione, indicando che l’impegno per l’istituzione del salario minimo va proseguito.
Gli oppositori del salario minimo
Gli oppositori del salario minimo pongono in evidenza uno dei problemi principali ovvero che l’aumento dei costi del lavoro potrebbe incentivare il lavoro sommerso e scoraggiare nuove assunzioni. Un altro argomento sfavorevole risiede nel fatto che già esistono contratti di lavoro nazionali che prevedono una retribuzione oraria superiore o uguale a 9 euro. Dal lato del «no», sembra dunque preferibile puntare sul taglio del cuneo fiscale, consentendo ai lavoratori dipendenti di godere di una maggiore retribuzione netta e alleggerendo i carichi finanziari dei datori di lavoro.
Da segnalare è anche il timore che l’implementazione di un salario minimo possa innescare un ciclo inflazionistico, con le imprese che potrebbero scaricare i nuovi costi del lavoro sui consumatori finali tra cui gli stessi cittadini italiani. Vi è anche chi ritiene che una legge che stabilisce il salario minimo potrebbe indebolire il ruolo della contrattazione collettiva e, in ultima analisi, ridurre il potere dei sindacati. Alla luce di queste prospettive contrastanti, l’adozione di un salario minimo nazionale si rivela un crocevia di decisioni importanti. I decisori politici dovranno ponderare attentamente gli aspetti economici, sociali e lavorativi, cercando il giusto equilibrio tra le esigenze dei lavoratori e la competitività delle imprese.