Far West e anarchia a Napoli Est, l’odissea di un automobilista che con coraggio ha deciso di denunciare il ras Attanasio e gli aguzzini del gruppo Formicola: «Mi hanno colpito alla testa e alle mani»
di Luigi Nicolosi
Dalla lite nel traffico al dramma sfiorato. Un banale sinistro stradale può costare molto caro a Napoli, soprattutto se davanti agli occhi ti trovi uno degli emergenti ras del quartiere. Gente dal grilletto e dal pestaggio facili, con cui sarebbe meglio non avere nulla a che fare. Achille S. però questo lo ignorava o forse ha sottovalutato la circostanza: sta di fatto che nel giro di due giorni si è ritrovato in ospedale con un trauma cranico, delle ferite alle mani e una prognosi di quindici giorni: «Mi si avvicinarono con fare minaccioso e subito iniziarono a malmenarmi colpendomi in varie parti del corpo con calci e pugni e nell’occasione fui colpito alla testa e alle mani con il calcio di una pistola di tipo semiautomatico».
È la descrizione di un vero e proprio incubo degno di “Arancia meccanica”, quella che il malcapitato automobilista, interrogato il 10 gennaio 2020, ha affidato agli uomini della polizia di Stato dopo un’iniziale, ma poi superata, ritrosia a denunciare. La sua deposizione rappresenta uno dei punti centrali dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che pochi giorni fa si è abbattuta sui fratelli ras Andrea e Giuseppe Attanasio (il primo è ancora ricercato dopo essere riuscito a sfuggire al blitz), esponenti di punti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio. Nell’indagine è coinvolto anche Gennaro Matteo, fedelissimo degli Attanasio, ucciso il mese scorso a Ponticelli in un agguato di stampo mafioso. Ebbene, dalla lettura del provvedimento non emerge soltanto il tentativo dei fratelli Attanasio di uccidersi a vicenda, ma anche alcuni episodi estorsivi, di usura e la drammatica vicenda vissuta dall’automobilista tra il 7 e l’8 dicembre 2019.
Ecco nel dettaglio la deposizione resa dalla vittima: «Verso le 13,30 mentre mi trovavo alla guida della mia Skoda, nel percorrere via Principessa di Savoia a San Sebastiano al Vesuvio, venivo in collisione con una Fiat Panda bianca con a bordo un giovane da me conosciuto come Gennaro. Tra noi avvenne una discussione degenerata in lite fisica, poi ci dividemmo e andammo via senza scambiarci i dati personali e delle auto coinvolte nel sinistro. La mia macchina nella collisione riportò danni allo specchietto sinistro lato guida, come pure quella di Gennaro». L’odissea era però soltanto all’inizio: «Il giorno dopo avevo un appuntamento con un amico, Antonio Di Dato, a Massa di Somma. Mentre stavamo entrando all’interno del bar, vidi arrivare una Fiat Punto nera con a bordo tre giovani, tra i quali riconoscevo senza ombra di dubbio Gennaro, il mio ex amico con cui il giorno prima avevo fatto l’incidente e un altro, a nome Peppe».
A questi punto ecco che scatta il feroce regolamento di conti: «Sono scesi celermente dall’auto e si sono avvicinati con fare minaccioso. Subito iniziarono a malmenarmi colpendomi in varie parti del colpo con calci e pugni e nell’occasione fui colpito alla testa e alle mani con il calcio di una pistola semiautomatica, impugnata nell’occasione da Peppe. A seguito dell’aggressione rovinai al suolo e riportai una ferita alla testa, tanto che fui soccorso dal mio amico Antonio e trasportato dapprima all’ospedale Apicella di Pollena Trocchia e poi a quello di Nola per le cure del caso». La vittima per sua fortuna riuscì a cavarsela con due settimane di prognosi e senza alcuna grave conseguenza fisica. Gli autori del raid, stando a quanto stabilito dal gip, sarebbero stati invece Giuseppe Attanasio, il defunto Gennaro Matteo e Luigi Di Perna.