L’ex boss Gennaro Carra indica il canale di approvvigionamento del broker degli Amato-Pagano: «I suoi rapporti con il Sudamerica sono diretti, ha tantissime case usate come depositi»
di Luigi Nicolosi
Massimizzare i profitti sulla pelle dei tossicodipendenti e invadere le strade di Napoli di sostanze stupefacenti. Sarebbe stato questo il principio al quale si sarebbe ispirato il re del narcotraffico Raffaele Imperiale nell’individuazione del proprio canale di approvvigionamento: «Aveva rapporti diretti con il Sudamerica e soprattutto faceva il lavoro colombiano, non boliviano. Questo perché la cocaina colombiana è più forte di quella boliviana, va bene per i tossici». Parola di Gennaro Carra, ex boss del clan Cutolo del rione Traiano, oggi tra i principali accusatori di “Lello Ferrarelle”, sulla cui testa è precipitata pochi giorni fa, dopo il recente arresto a Dubai, una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Proprio le scottanti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carra rappresentano oggi uno dei pilastri su cui poggia l’ultima accusa di mafia spiccata a carico di Imperiale e del socio Mario Cerrone. L’ex boss della “44” di Soccavo, sul punto, ha fornito una lunga e circostanziata deposizione nel marzo scorso: «Imperiale – ha messo a verbale Carra – diceva di avere rapporti diretti in Sudamerica e soprattutto faceva il lavoro colombiano, non boliviano. La cocaina colombiana è più forte della boliviana e va bene per i tossici. Dicevano che avevano navi con container, prima con scalo in Spagna e poi in Olanda, e da lì con camion di import-export del Mercato dei fiori di Pompei». Quella organizzata da Raffaele Imperiale sarebbe stata dunque una struttura con ramificazioni profonde a livello internazionale, anzi globale. Un sistema del quale avrebbe beneficiato in primis il clan Amato-Pagano di Secondigliano, principale referente di Imperiale, ma anche numerose altre cosche napoletane, a partire dal gruppo Cutolo del rione Traiano.
Gennaro Carra ha dunque affidato agli inquirenti della Dda partenopea tutte le informazioni in proprio possesso in merito al plurimilionario business organizzato dal re della cocaina: «Ha cambiato molte volte sistema; manteneva appoggi, cioè case dove la cocaina era custodita da persone di loro fiducia e la spostavano di continuo. Avevano disponibilità di case dappertutto. Certe informazioni erano peraltro riservate. Loro lavoravano con macchine con sistema a telecomando nell’air bag dove era nascosta la droga, ma anche armi. Cerrone e Imperiale mi regalarono anche un mitra commando».
Il pentito Carra ha però anche ammesso di non incontrare Raffaele Imperiale da molto tempo: «L’ho visto l’ultima volta nel 2013, poi si spostò a Dubai e io lo seppi solo nello scontro con i soccavesi nel 2015, credevo stesse in Olanda. Cerrone si spostava continuamente da Dubai ed era in continuo contatto con lui grazie ai telefoni criptati. L’ultima volta che ho visto Cerrone fu una settimana prima che venisse arrestato». Dichiarazioni dirompenti, quelle rese dall’ex ras dei Cutolo, i cui esiti giudiziari potrebbero essere in realtà soltanto all’inizio.