Il pentito Tamburrino rivela la strategia di “Ciruzzo ’o milionario” per evitare indagini e sequestri: «Non ha mai fatto società di fatto con commercianti che facevano i riciclatori. Pasquale “la carogna” è forse l’unico da sempre in società con Paolo Di Lauro»
Un clan “impresa”, poco propenso a investire sul mattone, ritenendolo un tipo di investimento troppo esposto ai radar di inquirenti e forze dell’ordine. Sarebbe stata questa la strategia che il clan Di Lauro ha attuato nel corso degli ultimi anni per provare a limitare i danni scaturiti dalle numerose inchieste giudiziarie da cui è stato colpi: «Per quanto riguarda i beni immobili del clan Di Lauro devo ricordare Paolo Di Lauro sconsigliava sempre acquisiti di beni che prima o poi venivano confiscati. So che i Di Lauro persero molti soldi prestando soldi a usura a Lino Pierro, a Tranchino, nel senso che dava denaro e chiedeva la restituzione delle somme con l’interesse del 2% mensile, Cosimo Angrisano».
Parola del collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino, ex uomo di punta del clan Di Lauro e fedelissimo del ras Marco Di Lauro, che il 23 ottobre 2019 ha parlato con gli inquirenti della Dda del modus operandi della cosca secondiglianese in merito alla gestione degli investimenti: «Paolo Di Lauro non ha mai fatto società di fatto con commercianti che facevano i riciclatori. So che all’estero c’è Pasquale la carogna, che faceva il commerciante in Grecia. Non ho la conferma diretta, ma Pasquale la carogna è forse l’unico da sempre in società di fatto con Paolo Di Lauro. Con Tranchino, Vincenzo Di Lauro fece commercio di scarpe contraffatte. La società Pitstop si occupava di confezionamento di jeans, Paolo Di Lauro vi immise quindici milioni di euro, prima del blitz del 2002.
Nel corso dello stesso interrogatorio Tamburrino si è poi soffermato sul ruolo che il ras Marco, quartogenito di “Ciruzzo ’o milionario”, ebbe all’interno dell’organizzazione: «Quando io sono uscito nel 2011 nel rione il referente di Marco Di Lauro era Benedetto Russo, così come Giuseppe Pica lo è stato fino alla sua morte, avvenuta nel 2007. Sin dal blitz del 2004, peraltro, Pica è stato il referente dei fratelli che comandavano, quindi prima di Cosimo, Ciro, e Marco, e poi di Ciro e Marco. Ribadisco infatti che il governo del clan era collegiale tra i fratelli Di Lauro, che poi operavano sul territorio mediante un referente che si occupava di trattare lo stupefacente, di gestire le piazze di spaccio di droga, gli appoggi degli stupefacenti e delle armi, si occupava della gestione quotidiana del clan, mentre ai fratelli erano riservate le decisioni più importanti, che Pica eseguiva o faceva eseguire».