Un affiliato ai Fabbrocino e un imprenditore discutono sulla ricompensa destinata al reggente del clan
La conversazione intercettata dagli 007 dell’Antimafia avviene tra un affiliato di rango del clan Fabbrocino e un imprenditore, legato a doppio filo alla cosca fondata dal padrino Mario ’o gravunaro (deceduto nel 2019). Commentando la vicenda di un grosso commerciante che ha dovuto lasciare le proprie attività nel Vesuviano, perché oggetto di continue ed elevate richieste estorsive da parte di vari gruppi malavitosi, i due convengono che l’unica strada da seguire per un imprenditore taglieggiato è quella di riferirsi al reggente del clan Fabbrocino, «l’unico che può dare una mano, e intervenire per appianare le cose».
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Naturalmente, sia chiaro, nel caso in cui si chieda aiuto all’organizzazione predominante sul territorio, la tangente bisognerà continuare a pagarla proprio alla cosca, anche se ci sta sempre «un’attenzione», affermano i due, riferendosi a una sorta di «sconto». La coppia, nel corso della conversazione, affronta anche un altro «caso» che si è registrato poche settimane prima.
Le regole della cosca / L’avvertimento del boss:
non nominare il nome del capoclan invano
Un imprenditore che aveva licenziato, ingiustamente, un dipendente, rischia di essere citato in giudizio da quest’ultimo. Per evitare la causa, chiede che emissari della cosca, che conoscono il ragazzo senza più occupazione, lo avvicinino e lo convincano a recedere dai propri propositi. «Alla fine la situazione si è risolta, ma adesso questo (l’imprenditore) deve sapersi comportare», emerge dal dialogo intercettato. Il «regalo» da fare al reggente dei Fabbrocino intervenuto per evitare la «causa», lo suggerisce proprio l’imprenditore amico del clan. «Io direi – afferma – che in occasione delle festività, quello che ha avuto il favore deve regalare (al reggente della cosca) un bell’orologio, piuttosto che un pacco con i soldi per i carcerati».