Alla Camera dei deputati il premier presenta il piano «per salvare il Paese» che piace agli inglesi
di Mario Polese
Piaccia o non piaccia, Mario Draghi è il più importante leader europeo che esiste in questo momento. Non è ancora chiaro se sia il più capace presidente del Consiglio dei ministri ma che sia quello che ha maggiori ‘relazioni’ importanti e conoscenza della macchina europea è fuor di dubbio. Non a caso la stampa inglese in pochi giorni si spende a favore dell’ex presidente della Banca d’Italia. Prima l’Economist con un commento in cui parlava della altissime aspettative legate al suo nome e poi il Financial Time che senza troppi giri di parole ha titolato: «L’Italia ‘delinquente’ diventa un modello». Praticamente il principale giornale economico finanziario del Regno Unito ha raccontato di un radicale cambio di marcia dell’Italia nelle dinamiche di confronto con la Ue dovuto essenzialmente all’autorevolezza di Draghi che è riuscito, inoltre, a indicare la nuova rotta delle relazioni europee con gli ‘stranieri’ a partire dal blocco dell’esportazione dei vaccini in Australia fino allo scontro diplomatico con Erdogan».
Ma al netto della diplomazia internazionale, quello che viene attribuito a Draghi è la competenza economica. Giudizio che è ancora più evidente alla fine del suo discorso di lunedì 26 aprile alla Camera dei deputati (e della replica di martedì mattina) dove ha presentato il Piano nazionale di ripresa e resilienza e cioè il documento ufficiale con cui questo Governo immagina di attraversare la crisi economica e sociale generata dalla Pandemia da Covid 19. Il premier italiano ha lasciato subito fuori dall’aula l’impostazione da ‘alchimista’ della politica attenta alle reazioni dei social ma ha subito toccato le corde della responsabilità che dovrebbe essere la stella polare unica delle scelte di una classe dirigente alle prese con la più grave emergenza sanitaria degli ultimi 50 anni.

E quindi ha introdotto la propria relazione sottolineando che «dalla riuscita del Piano dipende il destino del Paese», aggiungendo poi che il Piano nazionale di ripresa e resilienza «non è solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili». E ancora più duro ha continuato: «Sono certo che riusciremo ad attuare questo piano: sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro, prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti». Perché ha insistito Draghi che alla supremazia dei numeri bisogna metterci «dentro le vite degli italiani, le attese di chi ha sofferto la pandemia, l’aspirazione delle famiglie, le giuste rivendicazioni di chi non ha un lavoro o di chi ha dovuto chiudere la propria attività, l’ansia dei territori svantaggiati, la consapevolezza che l’ambiente va tutelato e rispettato».
Da qui il punto più qualificante di tutto l’intervento e cioè quando chiarisce lo spazio di manovra mettendo al centro chi soffre e chi oggettivamente sta ai margini: «Il raggiungimento della parità di genere e gli aiuti ai giovani e donne che hanno sofferto maggiormente il calo dell’occupazione durante la pandemia». Tutto questo in circa 45 minuti. Discorso poi salutato dagli applausi della maggioranza e dal silenzio abbastanza composto della minoranza che ha lamentato il poco tempo a disposizione per analizzare il documento. Polemiche a cui il premier senza perdere la calma glaciale ha replicato: «Indubbiamente i tempi erano ristretti ma la scadenza del 30 aprile non è mediatica, è che se si arriva prima si avranno i fondi prima. La Commissione andrà sui mercati a fare la provvista per il fondo a maggio, poi la finestra si chiuderà nell’estate: se si consegna il piano subito si avrà accesso alla prima provvista sennò si andrà più avanti». Insomma testa e bassa e pedalare. Lo stile a volte è sostanza.
Per quanto riguarda i contenuti va sottolineato che il picco dell’entusiasmo alla Camera si è raggiunto con l’applauso più caloroso quando l’ex presidente della Bce ha promesso risorse per il meridione del Paese «più importanti della fu Cassa per il Mezzogiorno». Il tempo dimostrerà se è vero ma intanto la sfida è lanciata.
Mario Polese
Vice Presidente Consiglio Regionale Basilicata