La frase choc intercettata durante un colloquio nel carcere di Poggioreale
Un odio totale e atavico per lo Stato e per le divise, un sentimento che negli ambienti camorristici, contagia tutta la famiglia. E naturalmente non risparmia i bambini, esposti – nella maggior parte dei casi – a una sorta di indottrinamento continuo, che non lascia scampo ad altra visione della realtà, né dà adito ad alternative. E allora è semplice comprendere come dalla bocca di un bimbo possa uscire una frase del genere: voglio sparare in bocca a chi ha arrestato lo zio. Siamo nel carcere di Poggioreale, è giorno di colloquio per un boss del clan Fabbrocino, organizzazione criminale che agisce a San Giuseppe Vesuviano e in altri comuni dell’hinterland nolano. A fare visita al malavitoso – che si trova in cella da una settimana, per detenzione abusiva di arma da sparo – va anche il cognato. A quest’ultimo il capoclan racconta come si siano svolte le fasi dell’arresto e parla anche di un carabiniere, nei confronti del quale è particolarmente «arrabbiato, e se la prossima volta si permette solo di darmi a parlare, gli do un pugno in bocca».
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far evadere il boss Mario Fabbrocino
Il dialogo (che viene naturalmente intercettato) si incentra inizialmente su uno scambio di opinioni relative alla linea difensiva da adottare, all’avvocato a cui affidarsi, e poi il discorso cade, inevitabilmente, anche sulla famiglia. A un certo punto, il boss chiede informazioni al cognato, sui bambini, i nipotini. E il cognato racconta che il bambino, suo figlio, gli avrebbe detto di voler «sparare in bocca alle forze dell’ordine che hanno arrestato lo zio, e ha detto che schifa i carabinieri che potevano far finta di non aver trovato nulla durante la perquisizione». Che, risultata «positiva» ha poi portato all’arresto del boss.