Un nuovo collaboratore di giustizia accusa la famiglia di pusher del Parco Verde e rivela: «Era mezzanotte e stava lì a servire i clienti. Ha ceduto cocaina anche a me»
di Luigi Nicolosi
Più che un sospetto è ormai una quasi certezza. Antonio Natale, il giovane ucciso a inizio ottobre a colpi di pistola a Caivano, alle porte di Napoli Nord, aveva imboccato una strada molto pericolosa. Quello delle cattive frequentazioni e dello spaccio di droga. Che nella vita del 22enne qualcosa stesse andando storto lo avevano capito anche i suoi parenti, a partire dalla mamma, che infatti avevano deciso di chiedere aiuto ai carabinieri. La circostanza sembra però adesso trovare conferma anche nelle parole di un neo collaboratore di giustizia, un volto di secondo piano nella criminalità del Parco Verde, ma che sembra conoscerne molto bene ogni retroscena: «Conosco Antonio Natale perché l’ho visto lavorare nel rione Iacp del Parco Verde di Caivano lo scorso aprile-maggio del 2021, anzi più precisamente agli inizi di maggio».
Il verbale in questione è agli atti dell’inchiesta che sta cercando di fare luce sui loschi affari del Parco Verde, a partire da quelli della famiglia Bervicato, di cui quattro esponenti sono stati arrestati poche settimane fa per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga. Tra loro compare anche il 20enne Domenico Bervicato, che è indagato anche per l’omicidio del povero Antonio Natale. Sul punto, il neo pentito Stofardo Lami ha riferito agli inquirenti la seguente circostanza il 4 novembre scorso: «Antonio Natale lavorava nella piazza di spaccio gestita dai Bervicato al quarto piano della palazzina dove abitava ed è morta la bambina Fortuna, figlia di Mimma. Lo conosco anche perché è il fratello di Giuseppe, il parrucchiere, il quale è cresciuto con mia moglie Maria Barbato. Io personalmente mi sono recato al quarto piano di tale palazzina l’ultima volta agli inizi di maggio perché avevo portato dei clienti ai Bervicato. Antonio Natale ritengo fosse lì a lavorare in quella piazza di spaccio da poco, in quanto non lo avevo mai visto prima di allora».
Il collaboratore di giustizia, ricordando quell’incontro e la sua conoscenza con i capipiazza, ha poi fornito ulteriori dettagli: «Questa piazza di spaccio esiste da almeno due anni perché andavo io stesso ad acquistare cocaina da loro o portavo dei clienti. Sono andato al quarto piano un sacco di volte, due o tre solo a maggio scorso, quando vidi Antonio Natale. Ogni volta che andavo lì trovavo tale “Chiappariello”, ossia il gestore della piazza, Pasquale il figlio di “Chiappariello” e Domenico, il nipote, ovvero Domenico Bervicato, intenti a lavorare. Vi erano poi altri due ragazzi di cui non conosco i nomi, uno dei quali posizionato all’ingresso dell’appartamento con il compito di aprire la porta agli acquirenti, l’altro posizionato vicino alle telecamere situate all’interno che riprendevano tutto il parco dall’entrata del parco fino all’entrata della palazzina”. Il pentito Lami dedica quindi un ultimo passaggio al giovane ucciso: «Ho visto Antonio Natale una sola volta all’interno dell’appartamento in questione. Ricordo che era una sera intorno alla mezzanotte e lui stava lì a servire i clienti. Ha ceduto droga anche a me. I Bervicato trattano cocaina e il ultimamente, cioè dal 2021, anche erba».