Ma perché uno dei monumenti simbolo di Napoli deve ospitare una kermesse dedicata a una specialità nordica? Peraltro con un biglietto d’ingresso tutt’altro che popolare…
di Raffaele Ambrosino
Se non avete fatto mai visita al Maschio Angioino, alias Castel Nuovo, simbolo indiscusso di Napoli, sappiate che vi siete persi molto. È come fare un viaggio nel tempo ripercorrendo la storia Napoli. All’interno del Maschio Angioino si trovano sale adornate, cappelle, affreschi antichi ma anche reperti archeologici di epoca romana e il bellissimo Museo Civico con opere che vanno dal XV al XX secolo. Ebbene, questo emblema di Partenope, della capitale del mezzogiorno, della terza città d’Italia, che fu voluto e costruito da Carlo I d’Angiò, è stato «sequestrato» per rendere omaggio al baccalà, sì, avete capito bene, lo stock, stoccafisso, il merluzzo dell’atlantico, famiglia Gadidae, genere Gadus e specie morhua.
Dal 14 al 19 settembre si terrà la Kermesse «BaccalaRe», unione tra le parole «baccalà» e «Re». E quale migliore sede per questa kermesse in onore del buono ma puzzolente pesce del nordatlantico? Un castello per un Re è il migliore sito possibile! Sarà stato questo il pensiero dei geni che hanno pensato di infestare le sale storiche del maniero con i profumi di baccalà fritto, al forno, in umido, alla vicentina o altro. La magnificazione di un alimento che, peraltro, c’entra poco o niente con Napoli.
Napoli non è la città del baccalà
È infatti Vicenza la città italiana del baccalà. Il comune veneto ha una lunga tradizione nella lavorazione e consumo di questo pesce, che risale al Medioevo. Nel 1432, il mercante veneziano e poi senatore Pietro Querini, naufragò sulle coste della Norvegia, dove scoprì il metodo di conservazione del merluzzo attraverso l’affumicatura e l’essiccazione. Querini riportò in patria questo metodo, che fu rapidamente adottato dai pescatori e commercianti veneti.
Vicenza è anche la città natale di alcune delle ricette più famose di baccalà, come il baccalà alla vicentina, un piatto a base di baccalà, cipolle, pinoli, uvetta e olive. Il baccalà è un alimento molto popolare a Vicenza, e si trova nei menu dei ristoranti della città tutto l’anno. Altre città italiane che hanno una lunga tradizione nel consumo di baccalà sono Ancona, in cui è tipico lo stoccafisso all’anconetana, Messina, in cui è tipico il baccalà alla messinese, Cosenza, in cui è tipico il baccalà alla cosentina, un piatto a base di baccalà, patate, olive nere, peperoni, salsa di pomodoro e spezie. E ancora Mammola, in Calabria, conosciuta come la «capitale dello stoccafisso». La città è sede di un’antica tradizione di lavorazione dello stoccafisso, che viene prodotto secondo metodi tradizionali.
E poi Napoli, anch’essa tra le tante e la sua provincia in particolare. A Natale non manca mai sulle tavole dei partenopei il baccalà fritto che fa coppia con il capitone anch’esso fritto in padella. Ma l’origine e la provenienza di questo pesce essiccato e il collegamento con la città di Napoli non è il solo motivo di critica a questa manifestazione.
Il biglietto di ingresso
Il biglietto di ingresso, che comprende la degustazione del baccalà preparato in vari modi, costa ben 30 euro a persona, certamente non un prezzo popolare e alla portata di tutti, ma ristretto a chi ha fortunatamente la possibilità di spendere anche più di cento euro per portare la famiglia a questa manifestazione.
Tutto avviene all’interno delle mura fortificate del Castello, anche i seminari tecnico scientifici sui prodotti ittici campani, i seminari culturali dedicati al contrasto dello spreco alimentare, le performance artistiche e lo spettacolo degli artisti di strada all’interno del borgo che pure potevano essere di libera fruizione a chi non può permettersi di spendere trenta euro a persona per l’ingresso. Eppure queste manifestazioni dovrebbero essere «popolari» nel vero senso della parola, fruibili al maggior numero di persone, aperte alla città e non al chiuso, blindati all’interno come gli antichi feudatari che tenevano fuori la plebe dalle loro feste.
Operazione politico-commerciale
Ciò che appare, ciò che sembra e che potrebbe essere drammaticamente vera, a parte la cena di beneficenza della prima serata, è la sensazione di trovarsi di fronte ad una vera e propria operazione politico-commerciale (l’organizzatore è un segretario di partito locale di centrosinistra) da dare in pasto specialmente ai tanti turisti presenti in città, satolli di pizza fritta e al forno e desiderosi di mangiare altro e perché no, godersi contemporaneamente le bellezze del Maschio Angioino risparmiando i dieci euro del biglietto che avrebbero pagato normalmente e che il Comune, ovviamente, non incasserà. Pannella, Fermariello, Almirante e tanti personaggi storici che hanno fatto parte del Consiglio comunale della città che si riuniva nella monumentale Sala di Baroni all’interno del castello, si staranno rivoltando nella tomba per questo utilizzo del maniero, della rocca simbolo della città. E un poco anche per la puzza di baccalà.