Per il commissario Dem la scissione del ministro dai cinquestelle «è stata un errore». E rivaluta il campo largo e il governatore De Luca (ora che ha perso)
Nel Partito Democratico, il giorno dopo le elezioni, è iniziata la resa dei conti. Come sempre è capitato dopo ogni tornata elettorale, sul tavolo c’è la «testa» del segretario nazionale Enrico Letta. Attorno a lui un vespaio di polemiche e di attacchi frontali tra i maggiorenti Dem. Il commissario campano Francesco Boccia prova a difendere Letta e quel che rimane del partito ma a ben leggere, nella conferenza stampa di ieri, fa più danni che altro. Smentisce su tutta la linea quanto fatto dal Nazareno e lancia segnali a destra e manca.
Il campo largo Pd-M5S
Molti hanno attribuito la sconfitta elettorale alla rottura del cosiddetto «campo largo», ossia l’alleanza con il Movimento 5 Stelle, voluta da Enrico Letta e perorata da tanti esponenti di primo piano come il ministro della Cultura Dario Franceschini, non uno qualsiasi. Eppure ieri Boccia ha provato a ricucire lo strappo: «Ho sempre detto che su alcune tematiche come lavoro, ambiente e diritti abbiamo fatto diverse battaglie al fianco del M5s. Nel Lazio e in altri enti il campo largo è già prassi. Tuttavia, per essere alleati occorre costruire un rapporto di fiducia reciproca. L’appello al campo largo va innanzi tutto a chi governa con noi».
Parole che lasciano basiti e aprono una riflessione: perché solo ora? Perché dopo la sconfitta elettorale il commissario regionale si appella all’alleanza con i grillini? Una scelta che sembra più dettata dalla paura per le prossime tornate elettorali nel Lazio e in Lombardia. Ma grillismo vorrebbe dover dire accettare senza se e senza ma il reddito di cittadinanza pesantemente criticato da un po’ tutti. Il Partito Democratico accetterà di difenderlo a spada tratta senza obiettare e senza apportare quelle modifiche necessarie affinché non si tratti solamente di una misura assistenziale sballata ma utile a portare voti al momento opportuno?
La sconfitta di Luigi Di Maio
Tra i grandi sconfitti, e sotto il paravento Dem, c’è però colui che si è definito il «padre» del Reddito, Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri alle ultime elezioni ha raccolto solo briciole e in proposito Boccia ha affermato che «le scissioni sono sempre un errore, fanno male a chi le fa e quando si sta insieme al governo sono errori che si pagano». Come se il commissario regionale fino all’altro ieri vivesse in Groenlandia, all’oscuro di quanto stesse accadendo. Oggi lancia un chiaro messaggio a Luigi di Pomigliano d’Arco. Ma se era a conoscenza dell’errore perché non lo ha avvertito di quanto stava accadendo? Perché ha scelto di mandarlo al massacro? Perché ha deciso di parlare solo oggi che a Di Maio sono rimaste solo le «pive nel sacco»?
Il governatore della Campania Vincenzo De Luca
Stupisce il cambio di linea impostato dall’ex ministro per gli affari regionali e le autonomie. Stupisce non poco per le continue giravolte. Il Partito Democratico ha volutamente ignorato negli ultimi anni il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Lo ha ignorato e se non fosse stato per l’emergenza pandemica (che ha regalato allo «sceriffo» salernitano visibilità) non l’avrebbe nemmeno ricandidato alla guida della Regione Campania.
Eppure Boccia con le sue parole lo rivaluta: «Senza De Luca ed Emiliano, e senza il Pd, noi saremmo all’opposizione in Campania e in Puglia. Né De Luca né Emiliano sono il Pd, ma questo non deve portare a sottovalutare che, se non avessimo messo insieme quella parte di società che evidentemente non si fida abbastanza del Pd, saremmo andati all’opposizione». Lo rivaluta proprio oggi che le elezioni politiche hanno segnato anche la sconfitta del governatore campano, visto che non è riuscito a portare a Roma i suoi fedelissimi Fulvio Bonavitacola e Luca Cascone.