Le accuse di Mariano Vasapollo ai capi del “sistema” del Parco Verde: «Antonio Ciccarelli ha emesso la sentenza di morte contro Gennaro Amaro. Sono stato io a sparargli»
Dopo anni di militanza camorristica ai vertici del clan Sautto-Ciccarelli, ha deciso di lasciarsi tutto alle spalle: i traffici di droga, le estorsioni e, soprattutto, i gravi fatti di sangue di cui lo stesso si è reso protagonista. Mariano Vasapollo, capopiazza e killer del Parco Verde di Caivano, con il suo pentimento ha voluto dare un taglio a tutto quell’orrore: «Sto facendo tutto questo per me e per la mia compagna, che è una bravissima persona e che quindi voglio salvaguardare. Intendo dissociarmi totalmente da questa fogna e dal sistema criminale di cui ho fatto parte».
Il pentimento di Vasapollo è arrivato in seguito al suo recente arresto per il duplice omicidio Amaro-Solimene, assassinati nel 2014 nell’ambito di un’epurazione interna al clan Ciccarelli. Tornato dietro le sbarre, il presunto killer ha fatto i conti con la propria coscienza e in autunno ha finalmente deciso di cambiare vita. Il 5 ottobre scorso ha quindi reso un lungo interrogatorio davanti agli inquirenti della Dda di Napoli, nel corso del quale ha messo a verbale numerose accuse scottanti nei confronti dei suoi ex capi e complici: «In merito ai rapporti tra clan e forze dell’ordine posso dire che chi si occupa di queste cose per conto del clan Sautto-Ciccarelli era Pasquale Fucito, il quale aveva molti soldi a disposizione e aveva contatti con alcuni carabinieri della caserma di Caivano che lo avvisavano in caso di blitz».
Quanto all’omicidio di Gennaro Amaro, il neo pentito ha ammesso: «Mi assumo la responsabilità del delitto, che ho commesso su mandato di Antonio Ciccarelli. Hanno partecipato a questo omicidio anche altre persone che non sono state indagate». Proseguendo nell’interrogatorio il killer pentito ha poi rivelato i nomi delle persone a conoscenza del piano mortale: «Quando abbiamo organizzato l’omicidio stavamo nelle scale del palazzo di Antonio Ciccarelli. Eravamo io, Corrado Schiavoni, Raffaele Dell’Annunziata che era latitante e venne per discutere di questa cosa e c’era anche Gennaro Varriale detto “’o maiale”. Questa riunione è avvenuta un mese prima dell’omicidio commesso l’8 agosto 2014».
Quanto al movente, invece, «si decise di ammazzare Gennaro Amaro, che dava fastidio sulle piazze di spaccio e perché quando Antonio Ciccarelli era in carcere, che era stato arrestato nel marzo del 2013, Amaro voleva appropriarsi del Parco Verde insieme a Emilio Solimene. La decisione è stata presa da Antonio Ciccarelli, è stato lui a emettere la sentenza di morte. Gennaro Varriale era presente perché era una persona fidatissima di Antonio Ciccarelli ed è stato lui che ha fatto da specchiettista il giorno dell’omicidio, ovvero mi ha avvisato che Amaro era sotto casa di Antonio Ciccarelli. Era questo il compito che gli era stato assegnato da Ciccarelli». E ancora: «È stato Schiavoni a recuperare l’arma e a distruggerla. Mi disse che l’aveva fatta tagliare da un fabbro e poi buttata».