L’ex aguzzino della mala di Miano ricostruisce il clima di terrore instaurato dalla cosca e punta il dito contro i ras Di Vaio e Perfetto: «Sottraevano mille euro per le loro retribuzioni»
di Luigi Nicolosi
Un clan, quello dei Lo Russo di Miano, pronto a risorgere dalle proprie ceneri dopo ogni retata e dopo ogni pentimento eccellente. Nonostante i numerosi contraccolpi giudiziari subiti negli ultimi anni la temibile cosca della periferia nord di Napoli non soltanto non ha smesso di essere attiva sul territorio, ma ha persino allargato il proprio raggio d’azione, sconfinando nei vicini quartieri Chiaiano, Piscinola e Scampia. Il core business dell’organizzazione, oltre allo spaccio di droga, si conferma ancora una volta il racket ai danni di commercianti e imprenditori, come dimostra l’inchiesta che pochi giorni fa ha portato dietro le sbarre la paranza capeggiata dai ras Giovanni Perfetto e Salvatore Di Vaio “’o cavallo”.
Al netto della denuncia sporta dall’ultima vittima, il distributore di pane Donato Marano, a tratteggiare il profilo criminale degli agguerriti capizona è stato con estrema precisione il collaboratore di giustizia Mariano Grimaldi, le cui dichiarazioni rappresentano uno dei pilastri del decreto di fermo eseguito la scorsa settimana a carico di otto persone, indagate a vario titolo per estorsione e tentata estorsione. Interrogato il 3 agosto del 2009, l’ex uomo dei “Capitoni” ha dichiarato: «A un certo punto della mia affiliazione sono stato impiegato anche per le estorsioni, unitamente a Giovanni Perfetto, allorché ci fu la necessità di sostituire Salvatore Di Vaio che era in carcere. In effetti dapprima gli affiliati deputati alle estorsioni di piccolo e medio ammontare erano omissis… e Salvatore Di Vaio che facevano capo a omissis nel senso che facevano confluire a lui il provento delle estorsioni sottraendo 500-1.000 euro per la loro retribuzioni». E ancora: «Sto parlando di estorsioni su lavori edili che riguardavano soprattutto le ristrutturazioni di palazzi e negozi, mentre per i lavori di maggiore importo se ne occupava direttamente omissis che gestisce questo settore da venti anni ed è conosciuto praticamente da tutti gli operatori del settore».
A questo punto l’ex aguzzino del clan di Miano entra nel merito dell’affare spiegando il modus operandi dell’organizzazione: «Era sufficiente, per noi addetti ai compiti più esecutivi, prendere il numero di targa dei camion delle ditte interessate, fare una visura per individuare la ditta e passare questa indicazione a omissis». Il pentito Grimaldi insiste quindi sulle figure dei ras arrestati pochi giorni fa: «Per quanto mi risulta, perché io e Giovanni Perfetto ci comportavamo così, quando contattavamo gli operai sui cantieri chiedevamo di parlare con il geometra o con un responsabile e poi con quest’ultimo chiudevamo la trattativa. Normalmente non c’era bisogno di minacciare espressamente perché tutti consideravamo l’estorsione scontata e già conoscevano Giovanni Perfetto quale emissario del clan, addetto alle estorsioni». Circostanza piuttosto singolare, se non addirittura inquietante, il fatto che una delle vittime della cosca avesse iniziato a intascare una quota di denaro: «Era più dalla nostra parte che una vittima, nel senso che ci dava indicazioni sui lavori che stavano per iniziare nei nostri territori e sulle estorsioni riceveva una piccola percentuale».