Le dirompenti accuse dell’ex narcos Luigi Rignante al reggente del gruppo Abbinante: «È un incapace e non sa come funziona Scampia. Ci ha fatto fare solo brutte figure»
di Luigi Nicolosi
Un clan allo sbando per l’eterno quartiere polveriera. È questo l’impietoso ritratto che l’ultimo super pentito della mala di Scampia fa della sua ormai ex cosca, la famiglia Abbinante. E nel mirino del neo collaboratore di giustizia Luigi Rignante finisce soprattutto la reggenza del giovane Arcangelo Abbinante, figlio del boss Guido, sotto la cui guida il gruppo avrebbe attraversato una crisi senza precedente, finendo anche per inimicarsi il rione: «Se ad esempio rubavano un motorino nel Monterosa, Arcangelo dava ragione ai ladri e la cosa finiva là».
È il 23 settembre scorso quando Rignante, davanti ai pm della Dda di Napoli, decide di ricostruire con dovizia di particolari l’organigramma della temibile costola del clan degli Scissionisti. Parte del suo racconto verte sull’emergente ras Arcangelo Abbinante, arrestato pochi mesi fa: «La sua gestione era un poco incasinata. Non è una persona pratica. Ha sempre vissuto dietro una traversa di Qualiano, non era capace di gestire gli affari del clan. La famiglia Abbinante veniva screditata dalle brutte figure di Arcangelo. Ad esempio, se rubavano un motorino nel Monterosa, Arcangelo dava ragione ai ladri e la cosa finiva là». A suo dire il giovane reggente non avrebbe dunque avuto il polso necessario a tenere sotto controllo non solo gli equilibri interni al clan, ma neppure le schegge impazzite presenti nel quartiere.
Luigi Rignante ha poi tirato in ballo anche il fratello: «Arcangelo era affiancato da suo fratello Francesco e Dario De Felice. Secondo quello che mi diceva Vincenzo De Luca, tutti si lamentavano di Arcangelo. De Felice era ristretto da obblighi e non poteva venire al Monterosa; quindi più che dare direttive ad Arcangelo, non poteva fare molto, non poteva essere presente. Arcangelo Abbinante (di Guido) si sentiva di essere come il suo omonimo Arcangelo Abbinante di Antonio, che ha invece ben altro spessore criminale. Quando Arcangelo di Guido prendeva una decisione, De Luca e Antonio Esposito erano sempre contrari, perché lui non sapeva come funzionava Scampia». E proprio i contrarsi venutisi a creare con il nuovo reggente della cosca all’inizio dello scorso avrebbero portato al brutale omicidio di Vincenzo De Luca “Tarantella”, delitto su cui Rignante ha già fatto luce indicando killer e mandanti: «Io dicevo a De Luca di non mettersi in mezzo, perché mentre gli altri facevano parte della famiglia, lui no, e quindi rischiava molto ad avere posizioni troppo critiche. E infatti qui, come ho detto, trova origine anche la morte di De Luca».