Furto del Salvator Mundi a Napoli, una cimice rivela l’incontro tra Maria Licciardi e l’uomo della banda: «Non lo possiamo buttare, solo il guardiano vuole 200mila euro»
di Luigi Nicolosi
Una corsa contro il tempo per trovare un acquirente facoltoso e piazzare rapidamente il preziosissimo dipinto sottratto dalla Basilica di San Domenico Maggiore, a Napoli. Per raggiungere l’obiettivo la gang capeggiata da Vincenzo Esposito “’o francese” aveva così deciso di rivolgersi all’indiscussa reggente del sistema dalla Masseria Cardone, la ras Maria Licciardi, la quale diede la propria disponibilità a occuparsi della faccenda: «Ci vuole proprio uno appassionato!», mise subito in chiaro la capoclan, all’epoca ancora a piede libero.
La conversazione che vede protagonisti Licciardi e l’indagato Antonio Mauro, emissario per conto di Esposito, è stata captata dagli investigatori il 13 gennaio del 2021, pochi giorni dopo il clamoroso furto del Salvator Mundi dalla Basilica per il quale pochi giorni fa sono finite in manette sei persone. I due si trovano nell’abitazione della ras alla Masseria Cardone, a Secondigliano, è ignari di essere sotto intercettazione parlano a ruota libera dell’affare: «Ti voglio fare una imbasciata – spiega subito Mauro – Enzo mio cognato… gli sono andati a portare un buon quadro! Il custode gliel’ha dato! Quello della cattedrale di San Domenico Maggiore! È stimato assai! Hanno cercato a due o tre di loro per vedere il miglior offerente! Ha detto Enzo “vedi se la zia teniamo qualcuno importante che si compra i quadri antichi”. Vale dai due ai cinque milioni di euro». «Quindi si deve trovare soltanto a uno, a uno che è amatore proprio», replica la donna.
Maria Licciardi, che non è indagata in questo procedimento, sembra dunque mostrare un certo interesse per la proposta. Antonio Mauro entra quindi nel dettaglio fornendo a Maria “”a peccerella” ulteriori dettagli: «No, ci stanno i compratori, il problema è che abbiamo chiamato a due tre di loro e sta quello che può muovere i duecento e trecento ma quelli sono quadri… stamattina è venuto uno e ha detto “guagliù non vi state manco rendendo conto che è un peccato buttarlo! Aspettate”. Ha detto “ora è contro di me… un quadro che… è stimati milioni di euro un quadro di Leonardo”». «Ci vuole proprio uno appassionato proprio!», ribadisce quindi la ras secondiglianese. Il dialogo va avanti per diversi minuti e Licciardi fa presente il rischio-necessità che il quadro vada all’estero. Antonio Mauro quindi conferma: «Perché solo là lo puoi mandare, zia! Ora appena aprono i musei e se ne accorgono si ribalta il mondo! Ha detto quello perché stanno ancora i musei chiusi, ma quelli appena apre ha detto quello…». «Stanno parlando che ancora non li vogliono aprire!», è la rassicurazione con cui risponde Maria Licciardi.
Antonio Mauro, proseguendo la conversazione, spiega poi: «Non lo possiamo buttare a 300.000 euro, deve avere solo 200.000 euro il guardiano…». E ancora: «Perché il guardiano sta buttando calci che vuole 200.000 euro… è una persona anziana, ha detto io prima di andare in pensione mi sono salvato con questi soldi». A questo punto Mauro tira in ballo un imprenditore che forse potrebbe dargli una mano nella ricerca: «Ora lui andava a parlare con il Blue Moon, è il bar importante… Peppe Romano, può essere che lui maniglia qualcosa…». Maria Licciardi aggiunge: «Eh, lui più potrebbe conoscere». In successivo incontro al cospetto di Maria Licciardi, quando l’inestimabile dipinto era stato ormai trovato dalle forze dell’ordine, Antonio Mauro esterna il proprio rammarico e i propri sospetti in merito a una soffiata che avrebbe potuto aver agevolato il sequestro: «Com’è quello il ragazzo, ma quello tuo nipote è un bravo ragazzo, ma quello l’ha portato disse noo voi tenete il fuoco in mano, è una cosa più grossa di me e se ne andò, non lo voglio manco vedere, non lo voglio manco toccare, vide solo le fotografie…».