Un ex camorrista di Castellammare di Stabia spiega l’«incidente diplomatico» col padrino. «Appena arrivati, chiuse il cancello. Pensai: ora ci ammazzano»
Chiedere la tangente al bar sbagliato può costare caro. È il senso delle dichiarazioni del pentito di Castellammare di Stabia, Michele Spera. Il collaboratore di giustizia, ex affiliato ai D’Alessandro, spiega in un interrogatorio agli atti delle ultime inchieste anticamorra sulla cosca stabiese.
«Sul conto di Paoluccio Carolei posso riferire il seguente episodio. Verso la Pasqua del 2009, io e Polito Vincenzo siamo andati a fare una estorsione al bar […], che si trova alla villa comunale. Polito Vincenzo, per conto di Belviso Salvatore, ha fatto una richiesta di mille o di mille e cinquecento euro, non ricordo con precisione. I ragazzi che lavoravano al bar ci hanno detto di tornare nel pomeriggio».
Prosegue il pentito: «Nel pomeriggio io e Polito siamo tornati e – prima di entrare nel bar – siamo stati chiamati da un signore che ci aspettava di fronte nella villa comunale. Questo signore ci ha detto che Paoluccio Carolei voleva farci un’imbasciata. Io e Polito siamo andati insieme a quell’individuo a casa di Paoluccio Carolei, il quale, quando noi siamo entrati, ha subito chiuso il cancello con un telecomando».
L’ex camorrista spiega che, «in quel momento», ha avuto «paura per la mia incolumità fisica anche perché, in precedenza, avevo avuto col Carolei dei disguidi».
Ma tutto si risolve. «Paoluccio Carolei ci ha quindi chiesto chi ci aveva mandati a fare l’estorsione e, soltanto quando noi abbiamo risposto che eravamo stati mandati da Belviso Salvatore, si è rilassato. Paoluccio Carolei ci ha detto di dire a Belviso Salvatore che il bar era una cosa sua e ha aggiunto che, quando lo avrebbe visto, avrebbe parlato lui della vicenda con Salvatore. Ricordo che il giorno dopo Amatista Giuseppe e Polito Vincenzo sono tornati al bar prendendo delle uova di Pasqua».