Il racconto del collaboratore di giustizia Carmine Cerrato, che spiega pure come veniva trasportata (in «sicurezza») la cocaina da Fuorigrotta a Melito
Il clan Amato-Pagano aveva trovato un modo molto «semplice» e che non dava nell’occhio, per portare la cocaina da Fuorigrotta (dove la acquistava) a Melito. Nel quartiere napoletano, lo stupefacente veniva caricato su una vettura, da uno del gruppo di Mario Cerrone (in seguito, passato a collaborare con la giustizia) e Raffaele Imperiale (attualmente latitante). La macchina, poi, ripartiva alla volta della provincia nord. Ma a chi apparteneva l’auto? «Era utilizzata dalla mamma di un nostro affiliato, tale Mustafà. La donna si recava a giocare al bingo; mentre lei giocava, si provvedeva a prendere l’auto e a caricarla di cocaina, se ne occupava Enzo I. Poi la macchina veniva portata, carica, di nuovo fuori alla sala bingo. La donna, finito di giocare, usciva, si metteva alla guida e portava il carico a Melito», racconta, durante uno dei suoi primi interrogatori, il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato (classe 1971), cognato del boss Cesare Pagano. «La mamma di Mustafà, nel tragitto da Fuorigrotta a Melito, o era scortata da qualcuno del gruppo di Cerrone e Imperiale, oppure da un suo conoscente, uno che lavorava all’Asl», fa mettere a verbale Cerrato.
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Il pentito si sofferma sulla figura di Enzo I., che dichiara, è «una persona che ha anche curato la latitanza di Mariano Riccio, cioè gli faceva la spesa quando Mariano era rifugiato a Licola, in una casa trovata da Mario Cerrone, eravamo a settembre o a ottobre del 2011, in tale periodo Enzo e Cerrone, erano sempre insieme». Il collaboratore di giustizia parla anche di un particolare ritenuto assai interessante dagli inquirenti. «Con Enzo, ho anche parlato dell’esistenza di un suo gruppo criminale, e questi nel ribadire che esisteva una vera organizzazione gestita da Cerrone e Imperiale composta da 30-40 persone, chiarì che queste persone avevano ruoli e compiti diversi, sia nel settore della cocaina, che come gruppo di fuoco, ed infatti Cerrone propose a me e a Mariano che se avessimo avuto bisogno nella guerra di faida, di un aiuto, loro potevano darci una decina di persone armate che in sella a T-Max potevano sparare sui nostri avversari. Ma noi rifiutammo», spiega Carmine Cerrato.