Le regole imposte dal clan Fabbrocino agli ex esponenti della Nco di Raffaele Cutolo
di Giancarlo Tommasone
La guerra di camorra che i Fabbrocino, esponenti di primo piano del cartello della Nuova famiglia, avevano combattuto contro i cutoliani, era passata ormai da tempo. Però, ancora nel 2009, i boss del sodalizio criminale di San Giuseppe Vesuviano tenevano a far rispettare le «regole». In una informativa di polizia giudiziaria, è annotato: «Il clan Fabbrocino ha instaurato con gli esponenti della ormai disciolta Nco, già capeggiata da Raffaele Cutolo, una sorta di patto di non belligeranza, in forza del quale questi ultimi (gli ex cutoliani) hanno facoltà di proseguire nella conduzione dei loro illeciti traffici (l’espressione adoperata dagli interlocutori è “fare ancora il mestiere”) a condizione che operino in un ambito territoriale ben delimitato, e con l’obbligo, in ogni caso, di “dare conto sopra a tutto coso” (relativamente a ogni movimento)».
Il patto di non belligeranza tra il clan Fabbrocino
e i componenti della disciolta Nuova camorra organizzata
Illuminante, al riguardo – sottolineano gli inquirenti – alcune intercettazioni di un boss dei Fabbrocino. Il contenuto delle conversazioni captate, attesta che la storica contrapposizione tra ex-cutoliani e non cutoliani – tra questi ultimi, è bene ricordarlo, va annoverato il capoclan Mario Fabbrocino, deceduto nell’aprile del 2019 – non è per niente sopita. Tanto è vero che tale Peppe ’o pazzo (fedelissimo di Raffaele Cutolo) è costretto dalle circostanze «a vivere letteralmente ‘murato’ in casa; tuttavia al cutoliano, è stato riconosciuto un limitato margine di operatività».
Le regole da rispettare
per continuare a «lavorare»
«La circostanza che le potenzialità mafiose degli ex cutoliani siano, nell’area territoriale in questione, condizionate e in una certa misura subordinate al placet del clan Fabbrocino, rende evidente la capacità di tale sodalizio di controllare il territorio», è riportato nell’informativa.
L’approfondimento / Il cutoliano che rimase 20
anni barricato in casa per paura di essere ucciso
Tornando all’emblematica figura di Peppe ’o pazzo, secondo la descrizione che ne fanno (intercettati) affiliati ai Fabbrocino, l’ex componente della Nco, vivrebbe «murato in casa da 20 anni, per paura di essere ucciso durante un agguato». Per entrare a casa del pazzo, afferma un boss mentre discute con i sodali, «bisogna oltrepassare due solidi portoni che sono sempre tenuti serrati e che vengono aperti solo a persone note. Inoltre la camera da letto di Peppe è protetta da una porta in ferro massiccio ed anche le finestre sono dello stesso materiale».
In altri termini, sintetizza il malavitoso, «la camera da letto del fedelissimo di Cutolo, ha le sembianze di un caveau bancario». A Peppe ’o pazzo, il clan Fabbrocino aveva dato il permesso di effettuare delle estorsioni, che lui mandava a riscuotere da un familiare. Il permesso – si evince dalle intercettazioni – è valido purché gli illeciti vengano commessi in una zona delimitata, e gli autori diano sempre conto ai Fabbrocino delle loro azioni. «Giovanotto, dillo a Peppe, che se fa questa zona, sta in grazia di Dio… però deve dare conto sopra a tutto», raccomanda un camorrista dei Fabbrocino a un familiare del pazzo.