Il racconto del collaboratore di giustizia: «A casa del boss puntandogli la pistola in faccia»
Il gruppo di fuoco del clan Formicola in tempi di pace era formato da tre elementi. Pochi, ma fidati, su cui il clan poteva contare al 100% per commettere le azioni di fuoco più delicate. Ma in tempi di guerra era necessario disporre di quante più ‘pistole’ possibile e così non era raro che killer a riposo o comunque semplicemente lontani da Napoli, fossero essere richiamati in «servizio». Secondo il collaboratore di giustizia Claudio Esposito «Tommaso Sanino detto o’ barbiere (genero di Gaetano Formicola e cognato del boss Bernardino), Giuseppe Rosapiano e Luigi Donadeo» componevano «il gruppo di fuoco del clan Formicola».
A loro, sempre secondo il racconto del pentito contenuto nell’ultima ordinanza che riguarda i clan Reale, Rinaldi, Mazzarella e Formicola, durante la guerra con i D’Amico per il controllo della piazza di spaccio della cosiddetta Villa, si aggiunse «Vittorio Folliero, un affiliato al clan che era emigrato nella zona di Parma-Bologna, ma ultimamente era stato chiamato per combattere i D’Amico». Una decisione dovuta al fatto che «lui aveva già avuto uno scontro con Gennaro D’Amico» tre anni prima «allorquando si era presentato a casa del predetto puntandogli la pistola in faccia». Un affronto a cui il boss poté solo abbozzare «poiché erano liberi solo lui ed il cognato Giovanni»