Omicidio Cecchettin, la ricostruzione del gip e le accuse al 22enne killer: «Ha improvvisamente posto in essere un gesto folle e sconsiderato»
Giulia Cecchettin aveva capito che il suo ex aveva ormai perso il controllo delle proprie azioni e per questo aveva tentato un’ultima, disperata fuga. Filippo Turetta, dopo averla già in precedenza aggredita, l’aveva così immobilizzata, scaraventata a terra nella zona industriale di Fossò e ripetutamente accoltellata. È questa l’agghiacciante ricostruzione del delitto riportata nero su bianco dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico del 22enne assassino.
Dalla lettura del documento si apprende infatti della sussistenza «di un grave quadro indiziario in relazione al reato di omicidio volontario aggravato». Turetta, secondo la ricostruzione degli inquirenti, alle 23,18 dell’11 novembre avrebbe condotto «a bordo della sua Fiat Punto Giulia Cecchettin presso il parcheggio dell’asilo di via Aldo Moro di Vigonovo e che lì l’abbia aggredita causandole lesioni personali tali da proiettare chiazze di sostanza ematica, probabilmente servendosi di un coltello da cucina».
La sequenza dell’orrore era però soltanto all’inizio, come lo si evince dagli ulteriori passaggi riportati nel documento: «Successivamente si ritene abbia costretto la ragazza a salire a bordo dell’automobile, raggiungendo la zona industriale di Fossò; qui la ragazza sarebbe riuscita a scendere dal veicolo tentando invano di fuggire. Una volta raggiuntala, Turetta con violenza l’avrebbe scaraventata a terra, causandole una lesione al capo con perdita di sostanza ematica. Dopo avere riportato la ragazza a bordo della sua Fiat Punto Turetta, evidentemente ben consapevole della gravità delle sue azioni, si sarebbe dato alla fuga». Una corsa inutile e disperata, andata avanti per oltre 1.000 chilometri e terminata con l’arresto del 22enne in Germania, nei pressi d Lipsia.
Sul punto, la valutazione del giudice per le indagini preliminari è impietosa, secondo il quale Turetta «ha dimostrato una totale incapacità di autocontrollo, che è idonea a fondare un giudizio di estrema pericolosità e desta allarme in una società dove i femminicidi sono all’ordine del giorno. L’indagato appare inoltre un soggetto totalmente imprevedibile poiché, dopo avere condotto una vita all’insegna di un’apparente normalità, ha improvvisamente posto in essere questo gesto folle e sconsiderato». E ancora: «Le esigenze cautelari, di triplice natura, di cui si è avvalsa la sussistenza, possono essere adeguatamente tutelate unicamente con l’adozione della custodia in carcere, non potendosi applicare una diversa e meno afflittiva misura in ragione della pericolosità sociale dell’indagato, evincibile dall’inaudita gravità e manifesta disumanità del fatto commesso ai danni della giovane donna con cui aveva avuto una relazione sentimentale».