La società produttrice di contenuti televisivi che racconta l’autenticità dei fatti attraverso immagini e video esclusivi che mostrano quel che la tv mainstream non diffonde.
Nel 2021, con l’informazione che spesso diventa una gara a chi arriva per primo sulla stessa notizia e lo fa con le immagini più chiare o riprese dal maggior numero di angolazioni, c’è ancora chi è capace di mostrare i fatti per ciò che sono, nella loro autenticità. Parliamo di Gia Report, una società produttrice di contenuti che opera come supporto nell’ambito televisivo. Ma non solo, perché oltre a progettare, strutturare e realizzare documentari e serie tv su mafie, terrorismo e conflitti sociali nel mondo, Gia Report, attraverso i suoi canali social, pubblica online immagini e video esclusivi provenienti dai teatri di guerra (Congo, Medioriente, ecc.) che mostrano quel che la tv mainstream non diffonde.
Non è solo violenza, come potrebbe apparire a qualcuno, ma è giornalismo fatto spesso con mezzi di fortuna, da un cellulare a una vecchia macchina da presa, che però è autentico. Andando sulla sua pagina Facebook, si potranno vedere immagini che conquisteranno per il loro valore e, senza dubbio, anche per il loro modo di essere vere, senza filtri. La realtà esposta e non sovraesposta per quella che è, non per quella che spesso ci appare o ci viene mostrata.
L’ultimo in ordine cronologico è quello che mostra un esercito mercenario di almeno 35mila uomini suddiviso in 20 gruppi armati che non rispondono più a nessuna ideologia, ma unicamente a logiche di guerra predatoria. E ancora, scorrendo, ci si imbatte in un video che ci racconta del Primeiro Comando da Capital (PCC; “Primo comando della capitale”), secondo un rapporto del governo brasiliano del 2012, la più grande organizzazione criminale brasiliana, con quasi 20.000 membri, 6.000 dei quali sono in prigione. Immagini crude, ma reali, come l’esecuzione, per mano dell’esercito del Punjab, dei Pashtun, una prassi ormai consolidata, per incutere terrore ed affermare la propria supremazia nella regione indiana al confine con il Pakistan.
Una serie di finestre su un mondo che sembra così lontano, ma che qualcuno è ancora capace di raccontare.