LA STORIA DELLA CAMORRA Il progetto per attentare alla vita del magistrato Luigi Gay
Il 18 novembre del 1997 il collaboratore di giustizia Pasquale Galasso rende dichiarazioni su presunti attentati che organizzazioni camorristiche avrebbero avuto intenzione di compiere ai danni di uomini dello Stato. In particolare, le parole di Galasso (per anni delfino del boss Carmine Alfieri, anche lui in seguito, passato a collaborare con la giustizia, ndr) si concentrano sul progetto che – dichiara il pentito – avrebbe ordito il boss Gennaro Licciardi (anche detto ‘a scigna, ai vertici dell’Alleanza di Secondigliano, e deceduto in carcere nel 1994 per un’ernia ombelicale). Un piano per eliminare l’allora sostituto procuratore della Dda di Napoli, Luigi Gay.
«Chi le disse che c’erano pericoli per il dottor Gay?», viene chiesto a Pasquale Galasso. E lui risponde: «Gennaro Licciardi voleva attentare alla sua vita». La circostanza sarebbe emersa nel corso di discussioni che si svolsero all’interno dell’istituto penitenziario di Spoleto, dove Galasso era detenuto insieme ad altri malavitosi napoletani e della provincia partenopea. «Io ricordo all’epoca, che nel carcere, si parlava tra detenuti e capii che stavano anche in pericolo altre persone, adesso non ricordo (il nome di tutti, ndr); Gennaro Licciardime ne parlò specificamente, (mi disse) che intendeva fare un attentato contro il dottor Gay».
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’a scigna? L’ho ereditato da mio padre
Quando fu messo a parte di questo progetto? «Stando detenuto in quel carcere di Spoleto, nell’estate del 1992. Questo fatto ricordo di averlo subito verbalizzato con l’autorità giudiziaria (riferito ai magistrati, ndr)». In effetti, la collaborazione con la giustizia di Galasso risale proprio al 1992, e viene principiata poco dopo l’arresto dell’allora boss di Poggiomarino. E con quali modalità si sarebbe dovuto svolgere l’attentato? Viene chiesto al pentito. «Se ricordo bene, (queste persone, ndr) si dovevano uccidere con armi da fuoco», risponde Galasso.