Il super pentito Antonio Costabile svela il patto per la droga tra i clan Silenzio, Lepre, Saltalamacchia e Mariano: «Il Cavone ha preso da noi cinquanta chili di “fumo”»
di Luigi Nicolosi
Affari trasversali, in grado di correre da un lato all’altro della città nel tempo di un battito di ciglia e capaci di generare un vorticoso fiume di denaro sporco. Ma gli equilibri di camorra sono fatti di cristallo e così una fornitura non pagata di svariati chili di hashish ha rischiato di accendere l’ennesimo scontro armato tra clan: il gruppo Silenzio da una parte, le cosche dei Quartieri Spagnoli dall’altra. A rivelare l’inedito retroscena è oggi il neo collaboratore di giustizia Antonio Costabile “’o cerrano”, ex uomo di punta del clan Silenzio di San Giovanni a Teduccio, che, interrogato lo scorso 8 agosto, ha rivelato agli inquirenti della Dda di Napoli le fibrillazioni intercorse tra la cosca di Napoli Est e i Saltalamacchia di Montensanto e, soprattutto, i Lepre del Cavone di piazza Dante.
La circostanza viene riferita in merito all’individuazione del ras Giovanni Ranavolo “’o russ”, fedelissimo del boss Francesco Silenzio: «Ci organizzò un incontro con Eduardo Saltalamacchia e poi, dopo l’arresto di questo, con Enzuccio Romano del clan Mariano. Quando uscì Francuccio Silenzio dal carcere venne da noi il fratello dello Sceriffo del clan Lepre, che aveva conosciuto Francuccio in carcere, e ci chiese di farlo lavorare. Gli chiese 50 chili di fumo per far sì che si imponesse sul suo territorio, il Cavone. Francuccio glieli diede. Mancavano però 5.000 euro e il fratello dello Sceriffo disse che non li aveva perché doveva averli da Eduardo Saltalamacchia. Francuccio mandò a chiamare Ranavolo e lo mandò sui Quartieri da Saltalamacchia che convocò Eduardo Saltalamcchia da Francuccio». La tensione era dunque ai massimi livelli e così la mala di San Giovanni a Teduccio decise di correre ai ripari convocato un summit d’urgenza.
Saltalamacchia in persona, stando a quanto riferito dal pentito Costabile, si sarebbe precipitato a casa della consorte di Pacifico Silenzio e, in presenza dello stesso Ranavolo, disse «che lui non doveva dare niente al Cavone e avrebbe pensato lui a far avere i soldi a Francuccio. Eduardo fu però arrestato». Il debito doveva essere però saldato ad ogni costo: «Antonio Silenzio – ha spiegato “’o cerrano” – sapeva dove si trovava il figlio del fratello dello Sceriffo e decidemmo di sparargli. A commettere l’azione dovevamo essere io, Vincenzo Marigliano e Antonio Morra. Ne parlammo anche con Giovanni Ranavolo e disse che avrebbe risolto lui andando da Enzuccio Romano e organizzammo un incontro. Andammo tutti a mangiare una pizza al centro storico di Napoli per incontrare Enzuccio Romano. Era presente anche Salvatore Cianciulli “masaniello”, cognato dello Sceriffo. All’incontro Francesco Silenzio disse a Enzuccio Romano che avrebbe dovuto prendere lui i soldi dell’ammanco come regalo per la sua scarcerazione». L’accordo tra le due temibili cosche, i Silenzio e i Mariano, poteva dunque proseguire.