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Home Inchieste e storia della camorra

«Le lenzuola sono state nascoste sotto la maglietta»

di Redazione
28 Agosto 2019
in Inchieste e storia della camorra, Notizie di Cronaca
Tempo di lettura: 4 minuti
La corda utilizzata dal detenuto polacco per evadere da Poggioreale

La corda utilizzata dal detenuto polacco per evadere da Poggioreale

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di Giancarlo Tommasone

Restano numerosi i «buchi» relativi alla dinamica e alla progettazione dell’evasione da Poggioreale, del detenuto polacco, Robert Lisowski. Il 32enne è scappato dalla casa circondariale servendosi di una corda fatta di lenzuola, la mattina della scorsa domenica. E’ stato rintracciato e catturato intorno alle 22 di lunedì. Attualmente si trova piantonato all’ospedale Cardarelli, dove è stato ricoverato per la frattura a un malleolo, riportata durante la caduta, avvenuta nella fase della discesa dal muro di cinta. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo d’inchiesta per procurata evasione.

Leggi anche / Catturato l’evaso,
ma ci sono almeno 8 misteri nella fuga

Sotto la lente degli inquirenti, non solo presunti complici tra i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria e i quadri della struttura, deputati al controllo.  Si indaga per far emergere eventuali responsabilità, sia dal punto di vista della omissione, che da quello di natura attiva. All’attenzione degli inquirenti anche un esposto (relativo al periodo gennaio 2018-febbraio 2019), presentato alcuni mesi fa, dalla Segreteria nazionale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), tramite Emilio Fattorello.

I numeri allarmanti dell’esposto del Sappe

Preoccupante il quadro della denuncia, che pone l’accento (oltre che su dati allarmanti: 5 suicidi; 13 morti per cause naturali; 38 proteste; 32 aggressioni al personale del carcere; 212 casi di violenza generica nei confronti di altri detenuti e personale della Penitenziaria) anche sul flusso di denaro destinato ai detenuti, soldi che non avrebbero la minima tracciabilità.

L’approfondimento / L’ex detenuto:
impossibile evadere da soli

Dall’esposto emerge che ogni giorno di colloquio, al carcere di Poggioreale, via sia un movimento di 25mila euro. In totale, fanno sei milioni all’anno. Su questo particolare aspetto, ma pure sui punti oscuri dell’evasione di Lisowski, Stylo24 ha raccolto le considerazioni di Donato Capece, segretario generale del Sappe.

Perché si parla di mancata tracciabilità del denaro che finisce nella disponibilità dei detenuti a Poggioreale?
«Perché in effetti, è così. L’esposto a firma di Emilio Fattorello, fa emergere un flusso importante di soldi, dei quali non si sa praticamente alcunché rispetto all’origine lecita. E’ vero, chi viene a fare visita ai detenuti e lascia del denaro per loro, è censito, ma è impossibile risalire alla provenienza originaria di detti soldi. Non è escluso che in molti casi possa trattarsi di denaro di provenienza illecita».

Si riferisce anche a quello che i clan destinano agli affiliati in carcere?
«Esattamente a quel tipo di denaro».

Da sempre denunciate le condizioni difficili che vivono gli agenti di custodia all’interno del carcere di Poggioreale, che lavorano costantemente sotto organico. Che tipo di responsabilità, secondo lei, avrebbero avuto i baschi azzurri nella fuga di Lisowski?
«Parliamo di 700-750 agenti effettivi per circa 2.300 detenuti. Detto questo, è innegabile, e le parlo di una mia personalissima analisi, che ci sia stata sufficienza, molta leggerezza nel servizio. Perché non è possibile, che dalla sala regia, dove registrano tutto, non siano state evidenziate le fasi dell’evasione. Poi guarda caso, l’equipaggio automontato (l’auto di pattuglia, ndr) che vigila sul perimetro esterno del carcere, arriva soltanto dopo un’ora dall’evasione».

Ipotizzabile che l’evasione sia stata «facilitata» anche dagli effetti di un clima di insofferenza, per le condizioni difficili che vivono quotidianamente agenti penitenziari e detenuti?
«Sì. Non dimentichiamo che è estremamente difficile, se non impossibile, evadere da Poggioreale. Non voglio sbagliare, ma mi sembra che in oltre 100 anni, non ci fosse mai riuscito nessuno».

Che idea si è fatto lei, dell’evasione: Lisowski ha potuto contare sull’aiuto di complici?
«Forse nella fase di preparazione della fuga; non certo quando si è trovato all’esterno del carcere, altrimenti non sarebbe stato catturato dopo poche ore».

E questo non le suscita qualche dubbio sull’intera azione? Non le appare come qualcosa di studiato scientificamente fino a una fase, per provare – ipotizziamo – che senza le apposite forze in campo, da Poggioreale si può scappare?
«Ribadisco, ci sono molti punti da chiarire, le indagini della magistratura e il lavoro degli investigatori serviranno a fare luce rispetto a tutti i lati oscuri della vicenda. A partire dalla dinamica, dal percorso effettuato dal detenuto, da quello che non ha funzionato nella fase di controllo. Fino ad arrivare ad eventuali complici».

Certo, ci sono molte cose che non tornano, per esempio la corda fatta di lenzuola. Come crede se la sia procurata, Lisowski?
«Personalmente penso che abbia raccolto delle strisce di lenzuola e le abbia nascoste sotto la branda. A questo punto mi chiedo: nessuno si è accorto, nel corso delle perquisizioni, che il detenuto nascondeva “materiale vietato” in cella?».

E poi, come avrebbe agito per portare la «corda» all’esterno della cella?
«Ha potuto, ipotizzo, tranquillamente avvolgersi gli spezzoni di stoffa intorno al corpo, nascosti dalla maglietta che indossava, riuscendo a “bypassare” i controlli».

Anche in questo caso, evidentemente contraddistinti da «leggerezza»?
«In effetti è così, ma ripeto, è stata indubbiamente usata sufficienza nei controlli, e tutta la vicenda nasconde al momento molti punti oscuri, che dovranno assolutamente essere chiariti».

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