LA STORIA DELLA CAMORRA L’escamotage per non dare nell’occhio ed evitare di attirare l’attenzione delle forze dell’ordine
Alla fine servì a niente, quanto aveva architettato il reggente di un clan del Vesuviano. Per non destare sospetti ed evitare di dare nell’occhio, attirando l’attenzione delle forze dell’ordine, pensò (male) di andare a chiedere le estorsioni in sella alla sua bicicletta. Non aveva, però, fatto i conti con polizia e carabinieri, che da tempo erano sulle sue tracce, e aspettavano solo il momento giusto per fargli scattare le manette intorno ai polsi.
Le richieste estorsive erano andate avanti per settimane, il boss (figlio di un potente padrino di camorra, e all’epoca, alla guida del sodalizio criminale) si presentava sui cantieri, e chiedendo del responsabile dei lavori, esordiva sempre, affermando di essere l’emissario «degli amici di…».
E intimava agli imprenditori edili di «mettersi a posto, facendo un regalo agli amici». «Regalo», che doveva consistere nella dazione di denaro, il «pass» che riteneva necessario, per assicurare la tranquillità. Le indagini condotte insieme dagli agenti di polizia del commissariato competente territorialmente, e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata, consentirono di far emergere le responsabilità dell’uomo – tra l’altro sottoposto alla misura della libertà vigilata con obbligo di firma -, rispetto a una serie di tentate estorsioni, aggravate dal metodo mafioso.
Gli investigatori riuscirono a documentare l’azione delittuosa, portata a termine nell’arco di tre mesi, ai danni di quattro cantieri edili. Il boss, avrebbe intimato ai titolari dei cantieri il pagamento del classico pizzo, da versare al clan egemone sul territorio. In cambio, si sarebbe potuto «operare in pace, con la prosecuzione dei lavori». L’attività illecita era, però, monitorata dalle forze dell’ordine, che raccolto materiale probante sufficiente, intervennero arrestando il reggente del clan.