Il padrino, per tanti anni, è riuscito a guidare il suo clan in silenzio, nell’ombra
Il boss Paolo Di Lauro, per tanti anni, è riuscito a guidare il suo clan in silenzio, nell’ombra. Al punto che per tanto tempo si ignorava la sua esistenza. «Ciruzzo o’ milonario» era un capoclan molto scaltro. Rimaneva a lungo rintanato in casa, al buio, a fumare pacchetti e pacchetti di sigarette come racconta il magistrato Giovanni Corona nella trasmissione «Cose Nostre», condotta da Emilia Brandi, e dedicata a Gelsomina Verde. Addirittura, è emerso dalle indagini, costringeva anche la moglie restare in casa. Paolo Di Lauro era consapevole che qualsiasi passo falso gli sarebbe costato caro ed evitava finanche di parlare al telefono. Nessuno, al di fuori della sua cerchia conosceva la sua voce.
«In cinque anni di intercettazioni fatte sul clan Di Lauro l’ho sentito una sola volta al telefono, anche se la questione è dibattuta perché naturalmente giuridicamente non è mai stata accettata dalla controparte. Ma io ritengo che era lui», spiega l’allora ispettore capo della sezione narcotici Sergio Cicerone. Durante l’intercettazione si sente una voce, attribuita a Paolo Di Lauro, di una persona che telefona a un certo Enrico e afferma di essere il cognato. Il cognato di Paolo Di Lauro, in effetti, si chiama proprio Enrico D’Avanzo.