Il boss (intercettato) si vanta della performance dei propri familiari che hanno costretto un imprenditore a versare l’estorsione al clan
Un affiliato alla cosca non è riuscito «a farsi rispettare», e allora scendono in campo «i calibri grossi», come tiene a sottolineare un boss di un potente clan del Vesuviano, mentre discute (intercettato) con un vecchio sodale. Per comprendere quanto accaduto, bisogna andare indietro di una settimana, quando un malavitoso si reca presso una azienda e chiede del titolare.
La sua intenzione è quella di riscuotere per conto dell’organizzazione criminale, ma viene accolto in un modo che certo non si aspettava. Uno dei soci dell’attività da taglieggiare, lo affronta e lo schiaffeggia, cacciandolo via e intimandogli di non farsi più vedere. La performance imbarazzante che ha visto avere la peggio il «picciotto», viene riportata nei minimi particolari ai figli del boss, che subito si mettono all’opera.
Attendono qualche giorno, poi si recano di persona nell’azienda, per portare a termine il progetto: punire l’imprenditore che si è opposto alla richiesta ed ha aggredito un affiliato, e farsi consegnare il dovuto. «Non li hanno fatti nemmeno entrare che hanno dato i soldi», si vanta il boss intercettato, parlando dei suoi figli. «Quello (l’imprenditore, ndr), appena li ha visti ha fatto il giallo (ha avuto paura, ndr) e ha dato quello che doveva dare», continua.
E’ bastata, dunque, la sola presenza dei rampolli del boss per «piegare» l’imprenditore, che conoscendo il calibro criminale del padre dei ragazzi, ha consegnato il denaro dell’estorsione. Il boss, nel corso della conversazione col suo sodale, tiene pure a sottolineare, come l’affiliato (quello che le ha prese, ndr) non si sia «fatto rispettare». E lo boccia senza appello: «Non è buono, perché se era buono non andava dai miei figli e non li faceva mettere nelle tarantelle al posto suo».