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Home Inchieste e storia della camorra

I «sacrifici» dello spacciatore: che brutto lavorare d’estate

di Redazione
26 Marzo 2019
in Inchieste e storia della camorra
Tempo di lettura: 3 minuti
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di Giancarlo Tommasone

Quello dello spacciatore è un mestiere non particolarmente faticoso, secondo quanto dice (intercettato) chi quel lavoro lo fa da un bel po’. L’unica cosa è che bisogna fare dei sacrifici, soprattutto durante le feste, quando c’è maggiore richiesta di droga da parte dei clienti. E quindi, ad esempio, ad agosto non si può andare in vacanza come si vorrebbe, tocca «lavorare per guadagnare».

I protagonisti della conversazione captata
all’interno di una Citroen C3, sono due persone
arrestate lo scorso 14 febbraio, nel corso
di una operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata.

Dodici le misure cautelari emesse: 5 in carcere, 4 ai domiciliari, 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. I soggetti coinvolti nell’inchiesta della Procura di Napoli rispondono a vario titolo di traffico e spaccio di stupefacenti. Tornando ai due che parlano nella Citroen, si chiamano Giovannni Gravino (38 anni), ritenuto dagli inquirenti capo e promotore del gruppo, e Castrese Brusco (53 anni), uno dei presunti pusher dell’organizzazione. Gravino e Brusco, che si sono incontrati per discutere di affari (l’acquisto di droga da parte del 53enne), portano avanti la conversazione, parlando soprattutto delle problematiche connesse al proprio «mestiere».

Il comando carabinieri di Torre Annunziata

Gravino confida al suo interlocutore che è stato costretto a trasferirsi da San Giovanni a Teduccio a Ponticelli, perché era stanco oltre che di comprare la droga (nel caso cocaina) dal «sistema», di versare ogni settimana al clan, la quota convenuta. «Quando hai a che fare con i ‘sistemi’, la settimana (la tangente settimanale) a questo, la settimana a quell’altro. E che lavoriamo per voi?», dice Gravino. Separato dalla moglie, il 38enne ha poi intrecciato una relazione con Maria Pina Sartori (classe 1978, anche lei arrestata durante l’operazione effettuata dai carabinieri) con la quale è andata a convivere.

Luigi De Micco
Il boss Luigi De Micco

Sartori, ha un figlio nato da una precedente unione: quest’ultimo è affiliato ai De Micco. Per tale motivo, «sfruttando» la parentela acquisita in virtù del rapporto con Sartori, Gravino, a Ponticelli, non è soggetto al pagamento di alcuna quota, ma ha come obbligo soltanto quello di approvvigionarsi di droga dal clan predominante.

«A San Giovanni stavo così bene, però poi» meglio trasferirsi a Ponticelli che continuare a pagare di più. Pure perché la roba che era costretto a comprare da quelli di San Giovanni, spesso era di pessima qualità, «spazzatura, un sacco di mischio (droga mista a sostanze da taglio)». «Qui a Ponticelli comando io», Gravino si riferisce al fatto che ha la copertura grazie al rapporto con la sua convivente, e pure per quanto riguarda i pagamenti delle forniture al clan, non ha le stesse pressioni che aveva dove «lavorava prima».

La conversazione tra i due si sposta poi sugli
introiti dell’attività e sulla convenienza di gestire
un giro a conduzione familiare, rispetto
a quello svolto avvalendosi dell’ausilio
di «personale estraneo» alla cerchia familiare.

«Oggi – spiega Gravino a Brusco – se ci sai fare con questo mestiere, ti porti a casa il mensile, 2.000-2.500 euro senza fare niente». «I due interlocutori commentano il facile guadagno derivante dall’attività di spaccio di droga», annota il gip nell’ordinanza. E’ richiesto, come scrivevamo, un solo sacrificio: quello di lavorare nei periodi festivi e di ferie.

A tal proposito, Gravino racconta a Brusco,
come durante l’estate precedente abbia dovuto
chiedere un approvvigionamento extra
di stupefacente al suo fornitore.

«La descrizione che Gravino fornisce della sua attività – è riportato nel faldone dell’ordinanza – permette di rilevare una organizzazione di mezzi e di persone. All’inizio Gravino aveva a disposizione un maggior numero di spacciatori: “Nel 2007 tenevo due ragazzi a lavorare… ma cos’era, la fiera? Passavano 13-14-15mila euro a sera. Ma mamma mia che fosso, siamo durati due anni”». Da queste parole, sottolineano gli inquirenti, si comprende come successivamente Gravino abbia ritenuto più conveniente ridurre le persone che collaboravano con lui e avvalersi dell’aiuto «del fratello Enzo, e di Pina Sartori, nonché dei compiti di ausilio di Carmela Vitale (anche quest’ultima arrestata nel corso dell’operazione scattata lo scorso 14 febbraio)».

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