di Francesco Vitale
La tecnica di utilizzare minori come «vettori» o per nascondere lo stupefacente da cedere ai clienti è stata praticata più volte dalle organizzazioni criminali. Ed è stata usata anche da un gruppo scompaginato nei giorni scorsi da una operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Napoli
su richiesta della Dda partenopea a carico di 12 soggetti, coinvolti
a vario titolo, in attività di traffico e spaccio di stupefacenti
Il provvedimento segue le indagini nate in seguito all’omicidio di Mariano Bottari, commesso a Portici il 28 luglio 2014. Le indagini per l’identificazione degli autori hanno condotto a tale Giovanni; il suo nome si fa nel corso di una conversazione intercettata a carico di un altro pregiudicato. Giovanni è poi stato identificato in Giovanni G., al momento dell’evento detenuto ai domiciliari e ritenuto come verosimile autore della rapina che portò alla morte del pensionato porticese.
La scoperta di una piazza di spaccio a Ponticelli
Nel corso delle indagini è emersa l’esistenza di una piazza di spaccio di cocaina dislocata a Ponticelli e gestita, secondo le risultanze investigative, dal citato Giovanni G. e dalla convivente di quest’ultimo, Maria S. (i cognomi sono puntati per non rendere identificabili i minori utilizzati dagli indagati nell’attività fuorilegge).
L’attività di intelligence messa in campo dagli investigatori, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, ha portato alla luce anche due episodi che provano come il gruppo abbia utilizzato due bambine (dell’età inferiore ai 14 anni) per i loro traffici illeciti. Il primo episodio avviene il 27 novembre del 2015. Per cedere una dose di stupefacente, Giovanni e Maria si servono della figlia di quest’ultima (frutto di una precedente relazione). E’ la minorenne, annotano gli inquirenti nell’ordinanza, «che raggiunge la madre e dalla stessa riceve lo stupefacente» da consegnare. Poi, in una conversazione (captata in ambientale) che avviene tra i due, il 3 dicembre del 2015, la madre della piccola si rivolge al convivente e gli fa questa domanda: «Hai fatto a… (segue il nome della bimba)?». Si ipotizza da parte degli inquirenti, che la madre si sarebbe informata circa il fatto che la piccola fosse pronta (forse) per un’altra operazione legata alla cessione di droga. Altro episodio è quello verificatosi il 9 marzo del 2016. Questa volta a recare lo stupefacente al cliente, presso un luogo convenuto, sarà un fratello di Giovanni. Su suggerimento del familiare, si reca all’appuntamento per la consegna occultando lo stupefacente addosso alla figlia, che porta con sé durante la commissione del reato.