Il presidente dell’Associazione dottori commercialisti di Napoli, Michele Saggese a Stylo24: sulla carta hanno cassato un passivo che lo Stato non si è accollato
di Giancarlo Tommasone
Con una delibera, la Giunta del Comune «ha azzerato» tutti i debiti commissariali, che pendono sull’Ente e sulla città di Napoli. Almeno questo, nelle intenzioni di Palazzo San Giacomo, stando al contenuto del documento approvato da tutti gli assessori, e proposto dal sindaco Luigi de Magistris e dal vicesindaco Enrico Panini. Come si legge in una nota diffusa da Piazza Municipio, si tratta dei debiti relativi ai commissariamenti straordinari che «hanno interessato la città di Napoli: sottosuolo; rischio idrogeologico; post terremoto; emergenza rifiuti; Bagnoli».
La nota prosegue, sottolineando come «ognuno di questi (debiti) ha prodotto spese e contenziosi che, per la stragrande parte, sono ricaduti interamente sulla città di Napoli ed i suoi bilanci. E’ ancora impossibile quantificare gli effetti economici con precisione ma il solo commissariamento post terremoto, dal 2011 ad oggi, ha comportato un esborso di oltre 200 milioni di euro mentre il commissariamento emergenza rifiuti ha pesato, fino ad ora, per 66 milioni di euro: somme sottratte ai cittadini napoletani».
Messa così, i debiti, considerati ingiusti da Palazzo San Giacomo, dovrebbe accollarseli lo Stato. Ma che efficacia ha, la citata delibera? E davvero, il Comune di Napoli – che durante l’amministrazione de Magistris ha accumulato fino a oltre 2,7 miliardi di passivo – può dire di aver cancellato i debiti? Sulla questione, Stylo24 ha raccolto le considerazioni di Michele Saggese, presidente dell’Associazione dottori commercialisti di Napoli, ed ex assessore al Bilancio (nella squadra Iervolino).
Manovra de Magistris per azzerare il debito, di cosa si tratta?
«Di cosa crede si tratti? Ci troviamo davanti alla solita demagogia. Ma come si può credere e far credere, di cancellare il debito con una delibera così? Sarebbe comodo, lo avrebbero fatto tutti quanti prima di de Magistris».
Quindi la delibera non ha alcuna efficacia, né effetto rispetto allo stato del debito?
«No, non è ha. E’ impossibile cancellare un debito unilateralmente; perché di azione unilaterale si tratta, se ci riferiamo alla delibera del Comune. Lo ribadisco: è l’ennesima boutade del sindaco. E’ l’ennesimo giochetto utile a fare politica, ma non ha alcun effetto e non può averne».
E allora su che basi si regge un atto del genere?
«Sul nulla, perché non c’è alcuna norma di legge che consente una manovra del genere. A sostegno della delibera, mi pare, c’è solo la tesi di un costituzionalista, che riterrebbe incostituzionale, l’esistenza e la prosecutio del debito a queste condizioni. Poi, nulla più».
Quando si sarebbe formato, nei fatti, il grosso di quello che a Palazzo San Giacomo chiamano debito ingiusto?
«Il sindaco continua a insistere sul debito ante 2011, quello che si riferisce al periodo precedente alla sua amministrazione. Quanto di quel debito è stato colmato? Secondo me tutto, e se non tutto, per ripianarlo mancano ancora 50, cento, 200 milioni di euro. Il debito totale, adesso, ammonta a due miliardi e quattrocento milioni. Vuol dire che come minimo questa, e non altre amministrazioni, dal 2011 fino ad oggi, ha accumulato 2 miliardi e 200 milioni di passivo. Praticamente, con questa delibera, ci troviamo di fronte al negare l’evidenza».
Consideriamo per assurdo che la delibera abbia efficacia, il debito se lo accolla lo Stato?
«Prima bisognerebbe pure capire – e questo non si evince dalla delibera – chi è che non verrà pagato, dei fornitori? Visto che il 90-95% del debito del Comune è proprio nei confronti dei fornitori. Si deciderà di non pagare Ansaldo, che da solo vanta un credito di 500 milioni? Detto questo, mi chiedo: come fanno con una delibera, a cancellare il debito prima che lo Stato se lo accolli? E non mi sembra che lo Stato – tra l’altro in questa congiuntura emergenziale e mai prodigo verso la città di Napoli – si sia accollato il passivo, né mi pare, possa farlo nel prossimo futuro. Cosa dire? Siamo ai limiti della follia giuridica».