E’ finito sotto il fuoco amico il coordinatore regionale di Forza Italia, Domenico De Siano. Colpevole di aver innescato la bomba De Girolamo, depennandola dalla posizione di capolista nel collegio Benevento-Avellino. Una scelta che ha attirato sul coordinatore non poche critiche. La prima, naturalmente proprio da parte della candidata, che adesso, dopo aver rischiato di essere fuori, si ritrova come capolista nel collegio di Bologna-Imola in Emilia Romagna. Resta il mistero dell’autonomia da parte di De Siano, in una scelta dietro la quale ci potrebbe assere il Cavaliere, forse ancora deluso dall’abbandono di Nunzia De Girolamo approdata alla corte di Alfano.

La prima ad intervenire sulla vicenda è stata proprio la deputata: “Conosco i metodi campani, quella classe politica è da cambiare. Se Mara Carfagna non parla è complice, mi aspetto che prenda le distanze, lei che ha sempre difeso le pari opportunità. Non sono state rispettate le indicazioni di Berlusconi che mi aveva garantito che io fossi prima nel collegio Avellino-Benevento”. Così si è appunto espressa la deputata di Forza Italia, durante la trasmissione Coffe break di La7. “Volevo sapere dove fosse Zinzi radicato a Caserta, Gregorio Fontana controlla e va nel panico: mi richiama e dice corri al partito, tu eri prima e diventi seconda. Quella notte c’erano i rappresentanti regionali, non so cosa abbiano fatto. Ho dei legali che mi aiuteranno, basta a farsi rappresentare da questa classe dirigente. C’è un metodo culturale da estirpare, Berlusconi punisca chi ha fatto questa cosa ignobile”, ha concluso.

Zinzi taglia corto e parla di banditismo politico: “Un atto di banditismo politico che mortifica i territori e chi ha lavorato sino ad oggi per la crescita di Forza Italia”. Il coordinatore provinciale casertano e consigliere regionale della Campania, ha commentato senza mezzi termini, dunque quanto denunciato dalla parlamentare Nunzia De Girolamo in merito alla composizione delle liste.

Il malcontento in Forza Italia non riguarda solo il caso De Girolamo e si è avvertito anche per l’esclusione del deputato Amedeo Laboccetta: “Caro Presidente, sono tranquillo, nessun suicidio. Nessuna reazione rabbiosa né rancorosa. Ma c’è modo e modo di chiudere un rapporto. Il benservito c’è modo e modo di darlo. Dietro ciascuno di noi ci sono persone, familiari, rapporti sul territorio che vanno rispettati. E invece sinora nessuno mi ha detto nulla. Nessuna spiegazione. Dalla lettura dei giornali ho appreso della mia esclusione, per il resto un assordante silenzio”. Questo il testo della lettera che il deputato napoletano di Forza Italia ha scritto al presidente Berlusconi. “Non è un cahiers de doléances il mio, sento però il dovere di dire alcune cose. Lo devo innanzitutto a me stesso, come uomo e come politico. Sono orgoglioso della mia storia di Destra, sempre coerente con i miei principi e i miei valori. Rivendico di aver svolto un ruolo determinante il 14 dicembre del 2010 quando insieme ad un numeroso gruppo di deputati ex finiani evitai la caduta del Tuo Governo. Mi sentii così fiero di aver suggellato un patto di leale collaborazione politica che Tu volesti diventasse anche di personale amicizia!”, si legge ancora. “Oggi mi rimane un’amara considerazione: forse il mio impegno, il mio contributo non servono più, forse il mio tempo è scaduto? Se è così, quanto sarebbe stato bello sentirmelo dire da Te anziché non essere degnato nemmeno del poco tempo necessario per una simile incombenza”, conclude Laboccetta.