Il governatore auspica una fusione in chiave riformista di Pd e M5s bistrattando il movimento dell’ex premier che governa con lui in Regione
«Il silenzio è d’oro», un adagio che sempre di più sembra essere diventato il mantra di una certa comunicazione politica in Campania. La conferma di ciò arriva all’indomani delle recenti dichiarazioni del governatore, Vincenzo De Luca, durante la festa dell’Unità a Napoli: «E’ ora che il Pd apra un percorso con i riformisti del M5S per avviare un cammino ambizioso di unificazione in un partito riformista e democratico occidentale».
Verrebbe da chiedere allo Sceriffo: quand’è che i grillini – forcaioli, manettari, giustizialisti, populisti e sovranisti a corrente alternata, vedi Conte che è riuscito nell’impresa di governare con la Lega e con il Pd – hanno dimostrato di avere una componente riformista?
Avremmo immaginato che, dopo una simile bordata, ci fosse la stizzita reazione proprio da chi del riformismo ha fatto la sua bandiera: Italia Viva. Invece, silenzio. Né il coordinatore regionale, Ciro Buonajuto, né il deputato prezzemolino Gennaro Migliore né altri esponenti del partito di Renzi hanno fatto notare a De Luca che i riformisti in Campania (e nel resto d’Italia) non solo ci sono, ma sono anche nella sua squadra di governo (vedi l’assessore Nicola Caputo) oltre che nella sua maggioranza. In una mossa, lo Sceriffo di Salerno ha trasformato gli avversari del M5s – fino all’altro ieri bersagli preferiti dei suoi sfottò (indimenticabile quello su Luigino Di Maio che, prima di diventare deputato, doveva aspettare che la mamma gli desse la banconota da 10 euro per andare a mangiare la pizza il sabato sera) in preziosi alleati, assestando al contempo una sonora sberla morale (ed elettorale) agli alleati di Iv. Per De Luca infatti «in Italia non c’è uno spazio politico per due partiti riformisti», intendendo Pd e M5s, Italia Viva risulta addirittura non pervenuta.
Chi avrebbe dovuto dare il via alla levata di scudi ha preferito non agire, dicevamo: silenzio dalla coordinatrice napoletana Graziella Pagano, fino ai consiglieri regionali e all’assessore regionale. E, almeno in Campania, non è neanche la prima volta. La «falange» locale di Italia Viva si conferma un’anomalia nel movimento renziano, ostinata com’è nel perseguire la linea del «non-vedo-non-sento-non-rispondo», ma soprattutto non disturbo il manovratore De Luca. Eppure, motivi per rivendicare la propria appartenenza a Italia viva ci sarebbero: il governo Draghi è stata una geniale intuizione dell’ex premier che, proprio in questi giorni, riempie le piazze italiane (tranne Napoli, e non è un caso) per presentare il libro, già balzato al primo posto in classifica, «Controcorrente». Invece, sono passati due giorni dall’affondo di De Luca a Italia Viva e ancora nessuna agenzia ha battuto la risposta di qualcuno dei suoi rappresentanti campani. Forse più che un detto popolare, i renziani campani e napoletani di Italia Viva hanno scelto di seguire gli insegnamenti di Oscar Wilde: «A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio».