Siamo disposti a pagare cifre esorbitanti per concerti o partite ma per le sale e i teatri giochiamo al ribasso
di Serena Trivelloni
Parte l’11 giugno la seconda edizione estiva di «Cinema in festa», definita un’«occasione imperdibile» per vedere i film al cinema ad un prezzo speciale. L’iniziativa è promossa dal MiC con la collaborazione del David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano. Si tratta di un progetto lanciato nel 2022 che andrà avanti fino al 2026; ogni anno, a giugno e a settembre, in diverse sale italiane, per 5 giorni dalla domenica al giovedì, il biglietto per andare al cinema costerà soltanto 3,50 euro per tutti i film.
Ispirato alla «Fête Du Cinéma» francese, il progetto è nato dalla collaborazione tra distributori e sale per garantire agli spettatori italiani una stagione cinematografica lunga dodici mesi. Si parla di numeri importanti, che stimolerebbero il ritorno del pubblico. Iniziativa lodevole, se non fosse che genera più di qualche riflessione. Abbassare i prezzi del botteghino, portarli quasi alla svendita, risolve veramente il problema alla radice? Siamo disposti a spendere mille euro per un i-phone, pagare pacchetti vacanza per mete esotiche o abbonamenti allo stadio, spendere cifre consistenti per assistere al concerto dei nostri beniamini, riservare parte del budget settimanale per una cena fuori o un locale esclusivo. Ma per il cinema ed il teatro no, è necessario giocare al ribasso. Una volta i cinema costituivano un luogo di attrazione, ritrovo e confronto. Alimentavano e sviluppavano il senso critico, la fantasia e la capacità di riuscirsi a raccontare qualcosa.
I danni della pandemia
Con la pandemia invece le sale chiuse hanno creato ingenti danni economici agli esercenti, che in alcuni casi sono stati costretti prima a ridurre la programmazione settimanale, poi a chiudere a tempo indeterminato o a cedere l’attività. Una dietro l’altra.
Pupi Avati, in un’intervista durante il periodo della pandemia, ha dichiarato: «Più lungo sarà il periodo in cui, per chiusure imposte o per mancanza di film, gli spettatori diserteranno la sala, meno si sarà disposti a tornare nei cinema anche quando la pandemia sarà solo un ricordo… Quello che sta accadendo è molto pericoloso, perché sta passando l’idea che fra la visione sociale su grande schermo e quella domestica non vi siano sostanziali differenze. Sta venendo meno il fulgore e la sacralità del cinema».
Le piattaforme di streaming
Ma non c’è solo questo. Nel frattempo l’industria cinematografica ha investito grandi capitali nella produzione di film e serie TV trasmesse in esclusiva sulle principali piattaforme streaming che, sempre più spesso, hanno cast composti da star del cinema mondiale. Un regista che vede comparire il suo prodotto su una di queste piattaforme determina di fatto la sua condanna. Purtroppo il calo degli spettatori e la crescita delle piattaforme streaming hanno portato una conseguente disaffezione verso il cinema che non riguarda solo l’utente finale, ma anche e soprattutto chi deve investire su una produzione.
Ora che le sale hanno riaperto, il problema persiste. Molti che andavano già di rado al cinema hanno scoperto che preferiscono vedere i film a casa, sul divano. Il cinema si è spostato a domicilio, togliendo però quel senso profondo di confronto, socializzazione e condivisione che solo una sala cinematografica sa regalare. Il semplice atto di vedere il film insieme ad altri, sconosciuti compresi, aveva un valore aggiunto, così come i commenti sussurrati a fine film, o l’odore di pop-corn che pervadeva la sala mentre il ritardatario di turno costringeva ad alzarsi a film iniziato.
La morte di un settore
E allora a 3,50 euro siamo tutti invitati ad andare il cinema perché l’occasione risulta imperdibile, un risparmio importante. Che taglia le gambe alla cultura, a noi stessi. Non bastano i fondi alla cultura (in particolar modo per il fondo cinema e audiovisivo sono previsti per il 2023 746 milioni di euro) se non se ne coltiva il senso, se non vengono educate e sensibilizzate le persone rispetto al significato dell’esperienza cinematografica. Il grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico svedese Ingmar Bergman affermò: «non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima». E ci auguriamo tutti – o quasi – che torni ad esserlo.