Un padre al 41 bis
di Giancarlo Tommasone
La prima volta che Raffaele Cutolo prende in braccio la propria figlia, Denise, nata da inseminazione artificiale a cui si era sottoposta Immacolata Iacone (moglie del padrino della Nco), è il 26 novembre del 2007, un lunedì. La piccola ha meno di un mese, essendo nata il precedente 30 ottobre. Cutolo è detenuto nel penitenziario di Terni, al 41 bis, e secondo le direttive che regolano la misura del carcere duro, a «porgergli» la neonata dovrebbe essere un agente della penitenziaria. Ma così non fu. Il boss di Ottaviano si oppose al «protocollo» di sicurezza, e alla fine riuscì a spuntarla. «Mia figlia la prendo in braccio prima io, o rinuncio», tenne a sottolineare. E dunque, eliminato già l’ostacolo del vetro che separava il camorrista dal mondo di fuori, il passaggio diretto della piccola dalle braccia della mamma a quelle del papà, fu accordato. Non senza conseguenze, poiché dopo il contatto con la neonata, Cutolo fu sottoposto a una perquisizione che gli costò 10 minuti dei sessanta a disposizione per la visita mensile da parte della consorte.
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L’eventualità che, durante quell’abbraccio sarebbe potuto transitare nelle mani del boss il più innocuo dei messaggi o perfino un’arma (magari nascosta nel pannolino), rese necessari i controlli. Quindi dopo un quarto d’ora passato con Denise, il boss dovette riconsegnarla al calore della madre, per accomiatarsi, spogliarsi e sottoporsi alla ispezione dei baschi azzurri.

Fino allo scorso 30 ottobre, Cutolo ha potuto ricevere la visita mensile della figlia, senza la «distanza» abissale del vetro che separa i «sepolti vivi» da chi vive nella dimensione dei liberi. L’ha potuta accarezzare, tenerla accanto, sentire il contatto delle sue mani. Oggi non è più possibile perché il 30 ottobre del 2019, Denise ha compiuto 12 anni.
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Quell’età rappresenta il limite massimo, oltre il quale non si può andare; Denise per i dettami imposti dal ministero della Giustizia, quando si tratta di attuare le misure del carcere duro, è una persona «adulta», e in quanto tale non può avere contatto fisico con un recluso al 41 bis. E’ questa oggi la condizione di assoluto isolamento del 78enne camorrista di Ottaviano, che il 4 maggio del 2019, aveva confessato al suo legale, l’avvocato Gaetano Aufiero: «Tra pochi mesi non potrò più abbracciare mia figlia, preferisco un’iniezione letale».