di Giancarlo Tommasone
La strada della Nco di Raffaele Cutolo si è più volte incrociata con quella delle Brigate rosse. Proprio uno degli ideologi delle Br, Enrico Fenzi, aveva definito l’organizzazione di Cutolo «un movimento sociale, una realtà sociale, con forti connotati antistatali ed eversivi e forti contenuti di solidarietà popolare».
E aveva pure detto: «Ho trovato una fortissima
simpatia da parte di questi camorristi
verso le Brigate rosse, quasi un’adesione».
Naturalmente la vicenda che ha contribuito, più delle altre a produrre questo tipo di narrazione (la vicinanza tra Nco e Br), è quella relativa alla liberazione dell’assessore regionale della Dc, Ciro Cirillo. Tanto si è scritto e si è detto sui termini dell’accordo e si è parlato di un miliardo e mezzo di lire che sarebbe stato pagato per il riscatto. Quei soldi, hanno ipotizzato i magistrati, sarebbero finiti nelle casse delle Br, ma è stato pure ipotizzato che parte di quel denaro sarebbe toccata alla Nco.
Relativamente all’accusa di tentata estorsione mossagli dai magistrati, Raffaele Cutolo, però, è stato sempre categorico: «Che cosa ho avuto in cambio al mio interessamento per la liberazione di Cirillo? Sei anni di isolamento. Altro che soldi».
Il camorrista l’ha detto più volte e lo ha ribadito pure durante una seduta del processo svoltasi a Napoli il 27 settembre del 1989. Incalzato dal presidente della Corte, Cutolo afferma che in seguito al suo trasferimento da Ascoli Piceno all’Asinara (trasferimento dettato dall’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini) si era trovato in una tale condizione di isolamento e di durezza dal punto di vista della detenzione che per sopravvivere, dice: «Parlavo con una mosca e con delle formiche». «Ero senza elettricità, senza niente. Questo mi è venuto dal mio interessamento per Cirillo», dichiara.
L’interessamento, ma si legga pure la trattativa,
«fu portata avanti da Enzo Casillo, che essendo
il mio alter ego in libertà si muoveva come meglio
gli pareva e non dava conto a me».
Questo per precisare, continua Cutolo che «io non so come in effetti si svolse quella vicenda. Io mi sono incontrato sei, sette volte con Enzo Casillo ed altri che non intendo nominare, che venivano a trovarmi ad Ascoli Piceno. E poi in carcere da me, mandarono pure un brigatista, tale Bosso (Luigi Bosso, ndr) che io feci entrare in contatto con i politici che stavano a Palmi».
Poi, per quanto riguarda la presunta fornitura di armi «e di una lista con i nomi di giudici che io avrei dovuto fornire ai brigatisti, in cambio della liberazione di Cirillo, posso dire che è tutto falso. Io ho fatto liberare Cirillo con atti concreti, tramite Enzo Casillo. La liberazione è avvenuta esclusivamente in virtù dei rapporti di amicizia e di stima che avevo nei confronti degli altri detenuti».