Prese in mano le redini del clan, il primogenito di Paolo voleva rivoluzionare le piazze di spaccio
Paolo Di Lauro latitante, il figlio «predestinato» Vincenzo in galera. Cosimo, primogenito del boss, prende le redini del clan fondato dal padre a Scampia-Secondigliano. Queste sono state le basi che hanno dato il via a una serie di scelte scellerate che hanno portato all’orrore della prima faida tra il clan Di Lauro e i cosiddetti «scissionisti», rivoltosi contro le decisioni del nuovo reggente che aveva deciso di «rivoluzionare» il meccanismo delle piazze di spaccio e l’organizzazione stabilita dal padre.
Cosimo decise, infatti, di affiancare ai responsabili delle piazze, sfuggiti agli arresti, i suoi giovani sodali. Inoltre, stabilì che non ci sarebbero più dovuti essere guadagni in percentuali (in base al profitto) ma rigide mensilità prestabilite. Regole che finirono con l’allontanare gli storici affiliati dal clan. Il primo ad andarsene fu Raffaele Amato, detto «‘a vecchiarella», che decise di trasferirsi in Spagna (da qui il nomignolo degli «Spagnoli» per identificare i ribelli). Ma la perdita di Lello Amato per l’organizzazione criminale fu un duro colpo. Era lui, infatti, che gestiva gli enormi carichi di droga per il clan.
«Cosimo Di Lauro commette due errori. Il primo è non avere canali di rifornimento, perché i canali di cocaina erano sempre stati curati da Raffaele Amato. E quindi era lui che gestiva il vero potere. Il secondo è stato togliere l’autonomia agli affiliati» racconta l’allora ispettore capo della sezione narcotici Sergio Cicerone nella serie «Cose Nostre», condotta da Emilia Brandi, nella puntata andata in onda lunedì 11 settembre alle 23.30 su Rai Uno.