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Così il clan fondato da Mario Fabbrocino ha cambiato pelle

di giancarlo tommasone
20 Settembre 2020
in Notizie di Cronaca, Primo Piano
Tempo di lettura: 2 minuti
L'arresto di Mario Fabbrocino, scovato dagli agenti della Dia in Sudamerica il 3 settembre del 1997. Il boss è deceduto il 23 aprile del 2019

L'arresto di Mario Fabbrocino, scovato dagli agenti della Dia in Sudamerica il 3 settembre del 1997. Il boss è deceduto il 23 aprile del 2019

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LA STORIA DELLA CAMORRA L’evoluzione della cosca di San Giuseppe Vesuviano

Un summit per ribadire un concetto: riorganizzare il clan in base alle indicazioni fornite dal capo storico del sodalizio, nel caso Mario Fabbrocino (il padrino deceduto nell’aprile del 2019). La cosca ha la necessità di cambiare «pelle», obiettivi e modalità di azione. Per un motivo, soprattutto: non si devono attirare ulteriormente le attenzioni di forze dell’ordine e magistratura. E’ necessario non dare più punti di riferimento, perché nel caso di arresti, non devono emergere collegamenti chiari tra chi è stato interessato dalla misura cautelare e i vertici del gruppo. All’apparenza, sottolinea il reggente della cosca dei Fabbrocino (che agisce su ordine di ’o gravunaro), durante la riunione, «il clan è sciolto». Nei fatti, però, «l’organizzazione criminale è sempre viva e presente sul territorio», argomentano di contro, gli inquirenti. Il clan Fabbrocino, dunque, a un certo punto è interessato da una vera e propria «evoluzione».

Il via libera / «L’ok della ’Ndrangheta
a Fabbrocino per uccidere il figlio di Cutolo»

«Le estorsioni, che hanno sempre rappresentato una fonte ragguardevole di introiti per qualsiasi organizzazione di stampo mafioso – è riportato in una informativa di polizia giudiziaria prodotta sulla cosca di San Giuseppe Vesuviano – d’ora in poi dovranno essere consumate con una maggiore oculatezza, soprattutto per scongiurare il pericolo di essere arrestati perché, al giorno d’oggi, il numero delle persone che decidono di denunciare cresce sempre più e non vale la pena rischiare la galera per poco». Ma la compattezza del clan è fuori discussione, anche nel periodo successivo alla «riforma».  Lo prova la convergenza di interessi «relativamente alla commissione dei reati maggiormente remunerativi, quali le estorsioni a grossi imprenditori, l’infiltrazione nei pubblici appalti, l’impiego di denaro proveniente da attività illecite in attività economiche e finanziarie».

Il pactum sceleris / «C’era pure la camorra
nel consorzio criminale con calabresi e corleonesi»

E lo testimonia, soprattutto, la tenuta di una cassa comune, che continua a essere gestita nell’interesse di tutti gli affiliati. Che cosa, dunque, è accaduto al clan Fabbrocino, intorno al 2010? «Il sodalizio – è riportato nell’informativa – esiste, è operativo ma si è adeguato ai tempi, si è evoluto. Da una parte ha perso l’assoluta ed incondizionata comunanza di interessi che caratterizzava non solo gli affiliati al clan Fabbrocino, ma, in generale, alla Nuova famiglia, e cioè l’odio verso la Nco di Raffaele Cutolo; dall’altro, a seguito dei duri colpi inferti negli anni dall’azione sinergica delle forze dell’ordine e della magistratura, ed anche al fine di scongiurare danni che potrebbero derivare da eventuali collaboratori di giustizia, si è trasformato, nel tentativo di evitare la ricostruzione degli interessi del clan tramite i collegamenti degli introiti illeciti e le relative spartizioni».

Tags: boss mario fabbrocinocamorra del vesuvianoclan fabbrocinonco raffaele cutolostoria della camorra stylo24
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