Secondo gli inquirenti «Ciruzzo o’ milionario» assecondava le scelte del figlio
Cosimo Di Lauro, morto nel carcere di Opera dove stava scontando diversi ergastoli, non era solo al comando del clan fondato dal padre. Secondo gli inquirenti, come riportato nell’ordinanza «C3» emessa nei confronti dei cosiddetti «Scissionisti», Paolo Di Lauro non era «estraneo alle decisioni assunte dal suo gruppo criminale e dai suoi figli» nella gestione della faida. «Difatti – si legge nel provvedimento – le indagini volte alla cattura del capo clan hanno accertato che lo stesso dal settembre 2002 al settembre 2005, data in cui è stato arrestato, ha vissuto nella sua roccaforte a Secondigliano protetto dai suoi affiliati».
Inoltre «anche il figlio Cosimo, resosi latitante a seguito del provvedimento del dicembre 2004, veniva arrestato nel successivo mese di aprile 2005 nella stessa zona del padre; orbene il dato logistico appare significativo di una chiara possibilità tra i due di confrontarsi durante tutta la faida avendo vissuto nello stesso luogo».
Il tentato omicidio di Gennaro Marino
Agli investigatori, prima dell’arresto del figlio Cosimo, non risulta che “Ciruzzo o’ milionario’” abbia «compiuto gesti significativi volti a contrastare le decisioni assunte dai figli, in particolare dal Cosimo, a partire da quella di uccidere Luigi Aliberti inteso “Gigino o’ luongo” ucciso il 29 settembre 2004, affiliato di spicco che gestiva una ricca piazza di droga in considerazione del fatto che nell’agguato in danno di Aliberti sarebbe dovuto morire anche il Gennaro Marino, altro elemento di spicco da sempre uomo di fiducia vicino al Paolo Di Lauro, come riferito sia dal Giovanni Piana che dal Giuseppe Misso».
Anzi dalle indagini è emerso che «Marino nonostante il mancato agguato chiese spiegazioni» al capoclan Paolo «ma questi disse che egli non avrebbe contrastato la decisione presa dal figlio Cosimo che, quindi, condivideva con il padre le decisioni. Proprio questo immobilismo da parte del Paolo Di Lauro, questo volersi nascondere dietro la figura del figlio, venne rimproverato duramente dai suoi affiliati più fedeli, e ne determinò l’allontanamento prima e la cruenta reazione poi, diretta a scalzare il controllo del Cosimo, il quale voleva dare impulso ad una gestione sempre più verticistica e dirigistica del clan secondo la tradizione propria delle organizzazioni piramidali, a differenza di quella gestione orizzontale» tipica del padre.
Cosimo Di Lauro voleva ringiovanire il clan
Significativa in quest’ambito la dichiarazione del collaboratore di giustizia Pietro Esposito: «La scissione si è avuta qualche tempo fa, quando i Di Lauro» allontanarono dal clan alcuni esponenti ed altri «che si erano presi soldi che non dovevano intascare, ricavati dalla compravendita della droga da loro introdotta dalla Spagna in Italia. Queste persone si unirono tra loro anche insieme agli esponenti del gruppo di Mugnano, un tempo legati ai Di Lauro. Insieme agli scissionisti si unirono anche i Maranesi, ossia gli esponenti del gruppo insediato nel Rione Monte Rosa…Quanto ai Di Lauro si dice che essi stiano attuando un ringiovanimento del clan, i cui esponenti devono aver massimo trent’anni. A seguito di questa decisione molti affiliati anziani sono stati messi da parte e, per questo motivo, sono passati con gli scissionisti».