I VERBALI INEDITI Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pasquale Galasso: accadde dopo che il padrino si allontanò dall’organizzazione di Michele Zaza per avvicinarsi ai D’Alessandro
E’ considerato il nemico per eccellenza di Raffaele Cutolo, il boss Mario Fabbrocino (deceduto in carcere, a Parma, il 23 aprile dello scorso anno). Sull’avvio dell’offensiva di ’o gravunaro (come era conosciuto all’anagrafe di camorra) contro l’esercito della Nco, ha reso dichiarazioni anche il collaboratore di giustizia, Pasquale Galasso.
Nel corso dell’interrogatorio del 4 novembre 1997 – di cui Stylo24 pubblica in esclusiva i verbali -, Galasso afferma: «Dopo il tentativo di omicidio ai danni di Mario Fabbrocino da parte della Nuova camorra organizzata, e il conseguente omicidio del fratello di Mario Fabbrocino, a nome Francesco, man mano nel tempo e in particolare dopo una serie di riunioni fatte nella tenuta dei Nuvoletta (a Poggio Vallesana, ndr), Mario Fabrocino tra la fine del 1981 e l’inizio del 1982, va a staccarsi pian piano, dai fratelli Zaza. Ritorna nel suo paese d’origine, nella zona di Ottaviano, San Gennaro Vesuviano, ed inizia anche lui la lotta contro Cutolo».
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Il collaboratore sottolinea pure: «Noi, all’epoca, avevamo già subito la morte sia di Salvatore Alfieri che la morte di mio fratello Nino, per questo motivo noi cerchiamo Mario Fabbrocino e da qual rapporto iniziale troviamo una intesa. Combattiamo insieme, lui da una parte, e noi dall’altra, Raffaele Cutolo e la sua organizzazione». Pasquale Galasso racconta anche delle evoluzioni della malavita dell’area vesuviana e delle alleanze, relative al periodo in cui si commettono delitti «eccellenti», come quello di Vincenzo Casillo, alter ego di Cutolo.
L’allontanamento dal gruppo di Zaza
e il patto con i D’Alessandro di Castellammare
«Durante quella guerra contro la Nco, Mario Fabbrocino si aggrega anche a Michele D’Alessandro di Castellammare di Stabia, tanto è vero che uno degli uomini più fidati di Fabbrocino sta quasi sempre a Castellammare di Stabia», afferma. Ben presto, però, sottolinea Galasso, emergono i primi dissidi: «Tra il 1983 e il 1984 nascono dei litigi con il gruppo di D’Alessandro, in seguito a questi dissidi, Michele D’Alessandro fa uccidere il “figlioccio” di Mario Fabbrocino, Giuseppe Muollo».