di Giancarlo Tommasone
Trovare subito dei pusher per una piazza rimasta sguarnita a causa di sopravvenuti arresti. I Lo Russo erano pronti anche a questa evenienza, effettuando una sorta di formazione super veloce e che consisteva nell’affiancamento al nuovo innesto, di uno spacciatore più esperto. Tutto ciò in casi estremi, frangenti di necessità, altrimenti si entrava nel gruppo dei venditori in maniera graduale, tramite parentela o per amicizia con i capipiazza. Del resto c’è molto da imparare dai più «anziani», ci sono pusher di cui tessono le lodi e riconoscono i meriti gli stessi colleghi, pure quelli inseriti da tempo nell’organizzazione di Miano.

A gennaio del 2016 viene captata e registrata una conversazione che avviene tra tre venditori dei «capitoni». Sono a bordo di un’autovettura, ferma nella zona di Sotto al ponte al don Guanella. I tre parlano di Vincenzo, che «viene considerato un ottimo spacciatore col telefonino, uno di quelli che spacca». Per varie ragioni: comincia a spacciare dalle 10.30 del mattino, quando accende il telefono, è molto veloce poiché si serve di uno scooter e quindi riesce a consegnare la dose solo due minuti dopo che questa viene ordinata. Inoltre «scende con il mezzo pure quando piove», sfidando quindi le condizioni climatiche avverse e spaccia anche di sera, facendo una pausa di mezz’ora (tra le 21 e le 21.30), solo per cenare. «Non vuole sapere niente… Enzuccio fatica… Enzuccio sfonda», commenta uno dei colleghi.

Un altro conviene con quest’ultimo «che il tossico vuole fumare marijuana proprio in quegli orari, la mattina quando si sveglia e la sera dopo cena». Vincenzo, sottolinea ancora uno dei partecipanti alla conversazione, è «l’unico privato che fatica». Il termine «privato» sta ad indicare che non dipende dalle piazze dei Lo Russo. Ma, sottolineano gli inquirenti, pur spacciando con tale modalità, «non è libero dal vincolo dell’acquisto di stupefacente dal clan, dal quale è costretto a rifornirsi».