I particolari dell’inchiesta «Piccola Svizzera»
di Giancarlo Tommasone
Una premessa: nell’ambito dell’inchiesta «Piccola Svizzera», Pasquale Ferrara (classe 1965), imprenditore che partecipa ai lavori per la riqualificazione di Via Marina, è parte lesa, poiché sarebbe stato oggetto di richieste estorsive da parte del clan Montescuro. Va però anche detto, che a maggio scorso, il 54enne è incappato in altre indagini, quelle avviate per fare luce su un giro corruttivo per una serie di appalti all’interno del porto di Napoli.
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Ferrara è finito agli arresti, poiché considerato il «principale attore» di un gruppo formato da imprenditori, funzionari ed ex funzionari dell’Autorità portuale partenopea, che avrebbe pilotato gare per favorire ditte «amiche». Le opere, secondo gli inquirenti, sarebbero state affidate in cambio della corresponsione di tangenti.
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Ma tornando alle richieste estorsive verso Ferrara, dalle intercettazioni allegate agli atti dell’inchiesta «Piccola Svizzera», emerge come l’imprenditore, esasperato dalle pressioni del clan, avrebbe perfino «minacciato» di denunciare quanto subiva, alle forze dell’ordine. La cosa, naturalmente arriva anche alle orecchie della cosca di Sant’Erasmo. Nino Argano (considerato il braccio destro del boss 85enne Carmine Montescuro, alias zì Menuzzo) si trova a bordo della sua auto e parla con Antonio Montescuro (figlio di zì Menuzzo). E’ il 5 aprile del 2017, il discorso (intercettato dagli investigatori) verte proprio sulle estorsioni e sul rischio che corrono i camorristi, quando chi le subisce viene convocato dagli inquirenti. «Dobbiamo vedere sempre questi quando vengono sulle cause, come si comportano, e se il pm gli fa fare i vermi (li intimorisce), li minaccia, dice loro: “Io ti chiudo l’attività, ti do il favoreggiamento, perché, tu hai subito l’estorsione, l’abbiamo sentito noi per telefono”. Hai capito com’è? Alle volte quegli scemi, in quel momento si fanno fare», dice Argano, rivolgendosi ad Antonio Montescuro.
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E poi aggiunge: «A me chi mi fa paura, ti devo dire la verità, è Pasquale Ferrara. Non mi credi?», afferma il braccio destro del boss, sottolineando come tema Ferrara. Anche se, argomenta Argano, nel caso in cui l’imprenditore andasse a denunciare il clan all’autorità giudiziaria, farebbe «il guaio più grosso della vita sua». Per quale motivo? «Perché – spiega Argano al suo interlocutore – in quel caso andrei a deporre anche io e dico: questo signore qua (Ferrara, ndr), che ha detto (che subisce) l’estorsione… a noi ci dava le basi (le dritte, le segnalazioni, ndr) delle estorsioni, lui ci comandava a noi… diceva andate là, stanno lavorando , cacciateli, che entro io. Lo ha fatto nel porto, l’ha fatto fuori la Marina (Via Marina), lo ha fatto, nel porto per 2, 3 lavori (…) e poi ci dava le basi per i lavori, Pasquale ce li dava a noi, perciò a lui, non conviene (denunciare)».