L’ex comandante dei carabinieri si è detto amareggiato e ha ribadito di non sapere dell’inchiesta su Romeo
“Condannare il generale Tullio Del Sette ad 1 anno e due mesi di reclusione riconoscendo le attenuanti generiche e la sospensione della pena”. È quanto chiesto dalla Procura di Roma nel processo che vede imputato l’ex comandante generale dell’Arma dei Carabinieri per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento in un processo-stralcio della maxi-indagine sul caso Consip. Del Sette è accusato dal pm Mario Palazzi di avere informato nel maggio del 2016, Luigi Ferrara, all’epoca presidente di Consip, dell’esistenza di una inchiesta penale sul conto dell’imprenditore campano Alfredo Romeo e di avergli detto di essere cauto “nelle comunicazioni a mezzo telefono”. Nel corso della requisitoria il pm parlando dell’inchiesta ha affermato che il “procedimento è stato martoriato da molteplici fughe di notizie con rivelazione del segreto e favoreggiamento”. A chiedere lo stralcio della posizione era stato lo stesso Del Sette attraverso i suoi legali che hanno rinunciato all’esame di testimoni. Nel procedimento principale sono imputati, tra gli altri, l’ex ministro Luca Lotti, il generale dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia e l’ex maggiore del Noe Giampaolo Scafarto. Prima che prendesse la parola il rappresentante dell’accusa, l’imputato ha rilasciato dichiarazioni spontanee. “Sono qui con molto imbarazzo e amarezza – ha detto davanti ai giudici -. Ho fatto 47 anni di carriera nell’Arma, ho lottato per la legalità, mi ritrovo da 4 anni in questa condizione di estremo disagio e ho voluto che il processo venisse celebrato il prima possibile”. Il generale ha fornito la sua versione dei fatti. Ha affermato di “avere incontrato Ferrara il 17 maggio del 2016. Al termine dell’incontro mi chiese un consiglio sull’opportunità di incontrare l’imprenditore Alfredo Romeo. Io gli chiesi se si trattava dell’imprenditore napoletano coinvolto in inchieste, gli sconsigliai vivamente di farlo”. L’imputato ha aggiunto di “non avere mai incontrato Romeo e non sapere se avesse in corso effettivamente attività investigative a suo carico. Sconoscevo di indagini in corso, ho detto quello che ho detto perché’ mi è stato chiesto un parere. Poi scoprii dalle carte dell’inchiesta che l’incontro nonostante il mio consiglio avvenne”. La sentenza è attesa per gennaio.