di Giancarlo Tommasone
Ha 41 anni Viraj Prassana, è originario dello Sri Lanka e la metà della sua vita l’avrebbe passata in Italia. Almeno questo dicono alcune «cronache», circa il primo innesto extracomunitario nel consiglio comunale di Napoli. Eppure viene alquanto difficile crederci, perché da una persona che si trovi sul territorio nazionale da 20 anni, ci aspetteremmo almeno che parli un po’ di italiano.
E invece al nuovo consigliere manca proprio la base, il potersi esprimere nella nostra lingua.
C’è di più: non solo non riesce ad articolare in italiano una frase di senso compiuto (biascica qualche parola, come si evince dal video che pubblichiamo), ma nemmeno ce la fa a comprenderlo. Il principale compito di Viraj Prassana sarà quello di dare voce alle comunità di migranti presenti a Napoli. Mission che in base alle premesse, si prospetta alquanto proibitiva.
Sia ben chiaro, la riflessione ha a che fare col metodo della scelta, non assolutamente con la persona.
Ci sono migliaia di migranti che vivono a Napoli da tanti anni e si esprimono nella nostra lingua in maniera passabile, almeno la comprendono. E chi ha pensato di far entrare in Consiglio un cittadino straniero, avrebbe pure potuto sottolineare la necessità della conditio sine qua non: sapersi esprimersi adeguatamente nella nostra lingua.
La colpa non è del 41enne dello Sri Lanka, è di chi ha ideato il progetto e adesso si ritrova un consigliere che rischia di essere praticamente inutile.
E finanche di apparire ridicolo (non certo per colpa sua, anzi il neo eletto è quasi una vittima di questo «gioco buonista»), una caricatura, frutto di uno sfizio e della ostentata necessità, di apparire per forza multietnica, dell’Amministrazione targata de Magistris. Solo un «colore» in più sulla tavolozza dell’universo melting pot di Giggino.
Qui si parla di una persona, che, è vero, non ha diritto di voto, però ha quello di parola.
E allora, come potrà un cittadino di origine extracomunitaria che non parla in italiano discutere un atto, partecipare in modo idoneo a una conversazione. Non ci sembra sia previsto il conforto di un interprete e nemmeno di un servizio di traduzione simultanea. Del resto siamo a Palazzo San Giacomo, non certo alle Nazioni Unite.

Come farà il nostro a portare avanti le richieste della comunità dei migranti? In quale lingua? Non sembra proprio essere un poliglotta e dovrà raffrontarsi con cittadini di altre nazionalità, altre etnie, altri idiomi. E dovrebbe farlo attraverso una lingua comune, che è appunto quella italiana e nella quale, purtroppo il nostro Viraj Prassana, dimostra di non sapersi esprimere.

Dimostra altresì di non comprenderla. Ritornando al video che pubblichiamo, per «rispondere» a una semplice domanda del cronista ha bisogno del supporto di un altro consigliere napoletano (quello della voce fuori campo), ma l’aiuto di quest’ultimo appare alquanto sterile.

Immaginiamoci il 41enne dello Sri Lanka quando in aula, durante un consiglio comunale, dovrà articolare un discorso più complesso rispetto al «sono contento di essere qui» espresso nelle scorse ore davanti ai suoi colleghi e alla stampa.
Il sindaco parla sempre di città dell’accoglienza, dell’arricchimento reciproco, dell’integrazione.
Ma ci chiediamo, e poi chiudiamo: che esempio di integrazione può venire da una persona che non comprende la lingua che si parla nella città in cui vive ormai da anni? Nella città, si badi bene, in cui è chiamato a ricoprire una carica istituzionale.