di Giancarlo Tommasone
Finora è stato il cingalese Fernando Piyasiri il vero portavoce delle comunità di migranti che risiedono a Napoli; nonostante a vincere le elezioni del 15 luglio scorso, sia stato Viraj Prasanna, quest’ultimo ha parlato soltanto per bocca del suo inteprete-addetto stampa. Anche perché, lo diciamo ormai da due settimane, il 41enne dello Sri Lanka, consigliere extracomunitario aggiunto, di italiano ne mastica e ne capisce poco o nulla (forse più nulla che poco).
Lunedì scorso, con una manovra all’altezza delle Nazioni Unite, il consiglio comunale di Napoli ha approvato all’unanimità la richiesta di Viraj: quella di usufruire di un interprete all’interno dell’aula. Dunque si concretizza qualcosa che era nell’aria da un po’ di tempo, prima considerata peregrina dall’assessore Alessandra Sardu, poi rilanciata dal presidente del consiglio comunale Fucito, infine passata attraverso la domanda di Viraj.
Un percorso alquanto tortuoso – indice di estrema confusione e di un corto circuito interno – che per alcuni ha portato alla classica pezza a colori, secondo altri (pochi in verità), è approdato alla migliore soluzione possibile, a quella più accettabile. Errore. Almeno a sentire il parere di Fernando Piyasiri, di cui Stylo24 raccoglie lo sfogo.

Gli abbiamo chiesto se alla fine sarà lui il traduttore ufficiale di Viraj. «Sì – risponde – C’è il nulla osta del Comune». Sempre per avere conferme dal diretto interessato, chiediamo se le sue prestazioni saranno effettuate a titolo gratuito, come è stato annunciato da Palazzo San Giacomo. «Assolutamente sì, poi figurati se al Comune di Napoli ci sono i soldi», dice e gli scappa da ridere.

«Il Comune di Napoli – continua – ha gestito in maniera pessima (il termine letterale utilizzato da Fernardo non è pubblicabile, ndr) questa situazione. Io aiuterò Viraj per pochi mesi, poi andrò via, non aiuterò più alcuno». Gli domandiamo il perché di tale atteggiamento. «Non ho fiducia e non do più fiducia al Comune di Napoli. Non mi fido degli assessori. Qualche anno fa, nel 2012 ho proposto un progetto per tutti gli immigrati. Non solo per quelli dello Sri Lanka. L’ho seguito personalmente, portandolo avanti per tre anni. In maniera gratuita; ho lavorato, il Comune di Napoli mi ha rovinato la vita. Dopo aver seguito il progetto, dal Comune mi è stato chiesto se volessi presentarmi alle elezioni per ricoprire il ruolo di consigliere aggiunto, ma io ho risposto che l’esperienza che avevo vissuto con il Comune, mi è bastata ed avanzata. Non mi è piaciuto quanto ho visto in questi anni e quanto continuo a vedere. Per me gli assessori sono tutti ignoranti».
L’ultima considerazione di Fernando Piyasiri è dedicata al ruolo di consigliere aggiunto.
«Palazzo San Giacomo considera il consigliere extracomunitario aggiunto, parlo della figura, non di Viraj in particolare, un incarico simbolico. E questo non va bene», conclude Piyasiri. Facendo intendere che il Comune ha fatto passare il messaggio dell’apertura e della necessità di partecipazione delle comunità dei migranti attraverso l’istituzione del consigliere aggiunto, ma a conti fatti la voce di tali comunità continuerà a contare poco e ad essere presa poco in considerazione.

Del resto ci chiediamo come sia possibile che l’Amministrazione della democrazia, dell’amore, dell’accoglienza, dei porti aperti, del pugno chiuso tante volte mostrato da de Magistris, del rispetto dei diritti prima di tutto, della difesa dei più deboli, permetta che nell’aula più rappresentativa della città e dei cittadini, un lavoratore svolga la propria opera senza essere pagato.
Chi non paga il lavoro degli altri, lo ruba, sfrutta il lavoratore. E se non si paga Fernando per la prestazione della sua opera di interprete, lo si sfrutta.
Dalle nostre parti si chiama lavoro nero. Tutti a Palazzo San Giacomo, maggioranza e opposizione, avrebbero dovuto interrogarsi su questo, prima di votare e approvare la proposta presentata da Viraj, ma annunciata giorni fa da Fucito. Quella proposta non andava proprio presa in considerazione in un Comune che dice di anteporre a tutto i diritti dei cittadini. E Fernando Piyasiri, nella metropoli dell’accoglienza e dell’uguaglianza, è un cittadino come tutti gli altri. Il suo lavoro di interprete deve essere riconosciuto e retribuito.