Il super pentito svela il sistema di estorsioni della cosca giuglianese: «Il geometra ci disse che il titolare chiedeva uno sconto, avevano problemi a incassare il prezzo dei lavori»
di Luigi Nicolosi
Una cosca famelica, pronta a imporre la propria egemonia su tutta la zona flegrea a suon di estorsioni. Nel mirino dei nuovi ras del clan Mallardo sarebbero così finite attività commerciali di ogni tipo, ma anche le ditte incaricate di eseguire lavori privati di ristrutturazione. Un taglieggiamento a tappeto, che in almeno un’occasione avrebbe fruttato al gruppo criminale con base a Giugliano la bellezza di 4mila euro: cifra che sarebbe poi ulteriormente lievitata nel caso in cui il rifacimento della palazzina fosse stato esteso anche alle balconate.
A riferire l’inquietante vicenda è stato il 29 maggio del 2018 l’ex ras Filippo Caracallo e quelle dichiarazioni rappresentano oggi uno dei pilastri dell’inchiesta che pochi giorni fa, con l’esecuzione di ben venticinque arresti, ha consentito agli inquirenti della Dda di Napoli di azzerare la nuova cupoola capeggiata dal boss Michele Olimpio e dai suoi fedelissimi. Sul punto, il collaboratore di giustizia ha dichiarato: «Nel settembre-ottobre 2017 io, Sabatino Cimmino e Giovanni Di Cicco andammo con la macchina di Cimmino a Licola nei pressi di un cantiere. Di Cicco aspettò sulla strada principale in macchina e io e Cimmino scendemmo e andammo a piedi sul cantiere, dove si stava ristrutturando un palazzo. Io e Cimmino indossammo berretti e occhiali. Parlammo con un operaio e chiedemmo come mai il titolare della ditta non si fosse presentato da noi. Lui rispose che si trattava di una ditta di Aversa e che non sapeva se si fosse messo a posto».
Erano le battute iniziali di una strategia estorsiva che sarebbe andata avanti per diversi giorni, fino al raggiungimento del risultato: «Dopo tre o quattro giorni tornammo al cantiere io e Cimmino e con lo stesso operaio concordammo un appuntamento con il geometra della ditta il giorno seguente a Lago Patria al bar La Palma. Lo riferimmo poi a Mario Quaranta. Il giorno dopo all’appuntamento dovevano venire Quaranta e Antonio Russo, con un altro soggetto da poco legatosi al nostro gruppo, in particolare a Quaranta, di cui non ricordo il nome». Il commando di aguzzini, stando sempre a quanto riferito dal pentito Caracallo, si presentò quindi all’incontro e prelevati il geometra e l’operaio, «andammo sul Lido Gallo a Lago Patria. Durante il tragitto io dissi all’operaio e al geometra di non fare sciocchezze e loro dissero che volevano solo pagare e che erano a disposizione».
Raggiunto il noto stabilimento balneare, gli uomini del clan Mallardo e le vittime parlarono quindi delle cifre dell’“affare”: «Ci disse – ha messo a verbale Caracallo – che il proprietario voleva sapere che somma doveva pagare e noi gli chiedemmo 5mila euro entro una settimana. Lui voleva risparmiare qualcosa perché disse che avevano difficoltà a incassare il prezzo dei lavori». Gli estorsori sarebbero quindi andati incontro alla richiesta dell’imprenditore edile: «Quello stesso giorno, nel pomeriggio, Antonio Russo disse a Cimmino che la mattina seguente avremmo dovuto incontrare Quaranta al Bar Cristal a Lago Patria. Così in effetti la mattina dopo verso le 10,15 io e Cimmino andammo al Bar Cristal e ci incontrammo con Quaranta, che ci disse che potevamo accettare 4mila euro, con l’accordo che se la ditta avesse preso anche i lavori della pavimentazione dei balconi e delle frontaline del fabbricato avrebbe dovuto pagare un’ulteriore somma di denaro, per complessivi 7-8mila euro. A questa conversazione assistette il proprietario del bar, che sentì tutto». Pochi giorni dopo la somma sarebbe stata effettivamente incassata.